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    013 Democrazia Diretta cap 2 Cos’è la democrazia? – Il rapporto tra referendum e processo decisionale parlamentare

    17 Luglio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    Il rapporto tra referendum e processo decisionale parlamentare
    L’introduzione del Parlamento rappresentativo solleva un nuovo problema. Come si a a determinare quali sono le questioni su cui i cittadini vogliono decidere ancora direttamente?
    I sostenitori del sistema rappresentativo puro hanno pronta la loro risposta. Loro sostengono che il Parlamento è plenipotenziario e rifiutano il referendum. Ciò danneggia gravemente il principio di sovranità popolare incluso nell’archetipo della democrazia. Così nel sistema rappresentativo puro è ancor più possibile che passino leggi volute da un élite, ma che sono respinte dalla maggioranza. Non appena il Parlamento si è insediato può agire liberamente contro la volontà della maggioranza. Il diritto di iniziativa, che scaturisce direttamente dal principio di uguaglianza, viene abrogato.
    I difensori del “sistema rappresentativo puro” giustificano questo sistema con due argomenti principali.

    Un mandato imposto non è affatto un mandato
    Innanzi tutto i difensori del «sistema rappresentativo puro» dichiarano che i cittadini danno un mandato a quelli che vengono eletti e che, di conseguenza, questi ultimi ora possiedono il diritto di decidere.
    Così facendo essi ignorano il fatto che questo tipo di mandato imposto crea una contraddizione interna. Un mandato legittimo, proprio come un dono legittimo, può essere dato solo volontariamente. Questa volontarietà significa anche che il cittadino deve essere libero di non affidare un mandato, ma di optare per il processo decisionale diretto tramite referendum. Un mandato imposto è un finto mandato.
    Un’analogia può chiarire ciò. Immaginatevi di essere trattenuti di notte da cinque aggressori che pretendono il vostro portafoglio. Tuttavia questi vi lasciano scegliere a quale aggressore lasciare il vostro denaro. Per pura necessità voi consegnate il vostro denaro al meno sgradevole, che più tardi viene arrestato dalla polizia. Poi, durante il confronto, l’uomo vi dice :”Io non affatto rubato il portafoglio, tu mi hai dato il portafoglio di tua propria spontanea volontà. Dopo tutto, eri assolutamente libero di non darmi il portafoglio “. E’ ovvia la perversità di questa argomentazione. Siete stati davvero liberi sia di dare che di non dare il denaro a questa specie di farabutto. Ma siete stati ad ogni modo costretti (dal furfante in oggetto, tra gli altri) comunque a cedere il portafoglio – contro la vostra volontà. Vi è stata negata la libertà di tenervi il portafoglio. Sostituite i ladri in questa analogia, con i partiti politici, e il portafoglio con il vostro diritto di partecipare direttamente al processo decisionale, e ottenete l’argomentazione a favore del processo decisionale rappresentativo puro. Proprio come la libertà di cedere il portafoglio era una falsa libertà, il mandato in un sistema rappresentativo puro è un falso mandato, proprio perché è imposto. In questo contesto Friedrich Nietzsche ha scritto: “Il Parlamentarismo, vale a dire il permesso ufficiale di poter scegliere tra cinque questioni politiche, è benvoluto da quelli che appaiono indipendenti e singolari e vorrebbero combattere per le loro opinioni. Comunque alla fine è uguale se alla mandria è stata imposta un’opinione o che le siano permesse cinque opinioni.”(Nietzsche, 1882, 1999, p. 500)
    Il concetto di “democrazia rappresentativa pura” è una contraddizione in termini (comparabile con il termine cerchio quadrato), soprattutto se la maggior parte delle persone vogliono il processo decisionale diretto. Se la maggioranza della popolazione vuole il processo decisionale diretto, un sistema rappresentativo puro è antidemocratico per definizione, perché, per sua natura, tale sistema è in contrasto con la volontà della maggioranza (in quanto essere quadrato implica la presenza di angoli, un cerchio non può essere, per definizione quadrato, perché il cerchio – per sua stessa natura – non ha angoli).

    Fondare un proprio partito
    I sostenitori del processo decisionale rappresentativo puro hanno anche una seconda argomentazione. Essi dicono anche che ognuno è libero di creare un partito da solo e candidarsi per un seggio parlamentare.
    Però questa risposta non tiene conto del principio di sovranità del popolo. La sovranità popolare ha inizio con l’opportunità della gente di essere in grado di determinare come viene presa una decisione. E’ molto probabile che la grande maggioranza della popolazione voglia esprimere direttamente la propria opinione su una questione specifica, mentre solo pochissime persone aspirano ad avere un seggio in parlamento. In una democrazia ciò deve essere rispettato. Chiunque decreti contro la volontà della maggioranza, che il processo decisionale diretto non è consentito e che i cambiamenti si devono ottenere prendendo un posto in parlamento, si pone al di sopra e in opposizione al popolo e viola la sovranità del popolo. Se il popolo vuole decidere su una questione specifica, e questo gli è reso impossibile, allora evidentemente il popolo non sta esercitando il potere. Quando una élite rifiuta alla maggioranza dei cittadini la possibilità desiderata di prendere decisioni direttamente, e propone la creazione di un partito come una ‘alternativa’, allora si sta trattando la maggioranza con atteggiamento di sufficienza e non c’è più una questione di democrazia.
    Una ricerca sul motivo del comportamento elettorale mostra senza mezzi termini che la maggioranza degli elettori non vota solamente perché essi vogliono affidare un mandato [v. 2-2]. La maggioranza degli elettori vota in modo strategico: dato l’attuale sistema, quali leader sembrano essere meno dannosi? Se i voti venissero effettivamente espressi in uno spirito di assegnazione democratica dei mandati, l’attuale sfiducia della gente nei confronti dei loro Parlamenti – che i sondaggi in tutta Europa ripetutamente evidenziano – sarebbe del tutto inspiegabile. Non vi sono mandatari nel vero senso della parola seduti in Parlamento; ma ci sono leader che vengono eletti al posto di altri dagli elettori semplicemente perché l’elettorato è in questo momento costretto a eleggere qualcuno e vota solo per la persona (o partito) meno in grado di fare danni.
    Pertanto c’è una differenza fondamentale tra i partiti politici che sostengono l’iniziativa referendaria dei cittadini obbligatoria e quelli che resistono alla sua introduzione. Questi ultimi devono essere considerati come interessati al potere. Solo quei partiti che sostengono incondizionatamente l’introduzione del referendum obbligatorio di iniziativa dei cittadini possono essere considerati autenticamente democratici, in senso letterale, che lottano per una autentica forma di ‘potere della gente’.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio effettuando le eventuali correzioni e inviandole a piccoliemilio@gmail.com

    La versione in inglese che sta traducendo si trova qui:

    http://www.paolomichelotto.it/blog/2008/11/04/democrazia-diretta-un-testo-fondamentale/

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    012 Democrazia Diretta cap 2 Cos’è la democrazia? – Democrazia Rappresentativa

    16 Luglio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    Democrazia rappresentativa
    Ma il referendum ha anche i suoi limiti. Non possiamo tenere un referendum su ogni problema: i costi per la società del processo decisionale diretto sarebbero semplicemente troppo elevati. Non solo ogni referendum costa caro. Ancora più importante è il fatto che ogni referendum esige tempo e sforzo da parte dei cittadini: essi devono impiegare le loro migliori energie mentali per formarsi un’opinione circa la questione che è in discussione, e poi dare il loro voto.
    Naturalmente i cittadini sovraffaticati possono astenersi dal voto nel referendum e, così facendo, danno mandato a coloro che votano. Se ci sono troppo poche persone interessate però, questa procedura è perfino inutile. E’ assurdo organizzare un referendum nazionale su una questione per la quale alla fine manifestano interesse solo una manciata di elettori. Non solo è irrealizzabile la pubblica assemblea, ma anche l’uso sistematico del referendum diventa impraticabile.
    Pertanto si deve trovare un’altra soluzione. La questione essenziale in questo contesto è: quando il referendum è un metodo inopportuno per prendere decisioni, chi prenderà allora effettivamente tali decisioni? Il problema del mandato con il referendum normalmente si risolve da sé: quelli abilitati al voto e chi in effetti vota ricevono il mandato dalla società. Poiché ognuno è libero di accettare o meno tale mandato, il principio di uguaglianza non viene violato. Ma a chi viene dato il mandato, se il referendum non ha luogo?
    La democrazia rappresentativa costituisce essenzialmente una tecnica per risolvere tale problema di mandato. La democrazia rappresentativa deve essere messa in atto quando i cittadini hanno troppo poco tempo o interesse a cooperare per una decisione che deve essere ancora presa. I costi per la società per un referendum su ogni singolo oggetto sono, a un certo punto, secondo gli stessi cittadini, troppo alti in proporzione ai benefici democratici (accesso diretto al processo decisionale per ogni cittadino). Questo è il motivo per cui i cittadini nominano un parlamento fisso per diversi anni; esso riceve il mandato di decidere su tutte le questioni che i cittadini non vogliono decidere direttamente. L’elezione del parlamento è quindi un tipo particolare di decisione democratica diretta: i cittadini decidono chi deciderà, e a quali condizioni, in merito alle questioni per le quali il popolo desidera delegare il mandato.
    Il mandato ricevuto dal Parlamento è pertanto, una speciale manifestazione del mandato conferito dall’intera comunità ai votanti effettivi nel processo decisionale democratico diretto. Nel processo decisionale democratico-diretto (referendum), gli elettori effettivi operano come se fossero un enorme Parlamento ad hoc che è incaricato di decidere sull’oggetto. L’unica differenza con il processo decisionale rappresentativo (voto in Parlamento) è che il parlamento ha ricevuto il suo mandato un po’ di tempo prima del voto, e il mandato è conferito per un determinato periodo di tempo. E’ chiaro che questa separazione tra mandante e decisore non è fondamentale. Ma è però essenziale per capire che il Parlamento e la comunità degli elettori in un referendum hanno la stessa base sia logica che formale.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio effettuando le eventuali correzioni e inviandole a piccoliemilio@gmail.com

    La versione in inglese che sta traducendo si trova qui:

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    011 Democrazia Diretta cap 2 Cos’è la democrazia? – Dall’assemblea pubblica al referendum

    15 Luglio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    Dall’assemblea pubblica al referendum
    Fino a qui abbiamo raggruppato i seguenti elementi che sono componenti irrinunciabili per il funzionamento della pubblica assemblea e che possiamo considerare come componenti dell’ “archetipo della democrazia’:
    - il principio di uguaglianza;
    - il principio di sovranità popolare (non c’è autorità superiore al popolo);
    - la regola maggioritaria;
    - il principio del mandato.
    La pubblica assemblea non è praticabile in un moderno Stato democratico ad eccezione del livello locale. Ma questo non è un problema. La pubblica assemblea, in quanto simbolo di democrazia, può tranquillamente essere abbandonata. Ciò che è essenziale è che gli elementi fondamentali dell’archetipo della democrazia vengano conservati. La pubblica assemblea è solo una delle possibili manifestazioni dell’archetipo sottostante.
    Il modello della pubblica assemblea ha i suoi limiti. Oltre una certa dimensione della popolazione, la piazza diventa semplicemente troppo piccola. Di conseguenza, il dibattito pubblico deve aver luogo da qualche altra parte: attraverso i media, attraverso riunioni di quartiere, ecc. Il dibattito durerà più a lungo e sarà di natura meno diretta. Questo è più un vantaggio che uno svantaggio. C’è più tempo per la consultazione, più possibilità di intravedere false argomentazioni. Inoltre, non ci sarà più il voto per alzata di mano, ma nella ‘privacy’ della cabina elettorale. Questo tipo di votazione a scrutinio segreto è innegabilmente un grande vantaggio: ognuno può esprimere il suo parere libero da pressioni sociali.
    Attraverso queste due modifiche, la pubblica assemblea si trasforma in un referendum. Un referendum è essenzialmente una pubblica assemblea in cui i partecipanti non si incontrano fisicamente. Ma, allo stesso tempo, l’iniziativa referendaria dei cittadini conserva ancora tutte le caratteristiche essenziali della pubblica assemblea: il principio di uguaglianza, il diritto di iniziativa, la regola maggioritaria e il principio del mandato.
    È interessante notare che in termini storici – in particolare in Svizzera – anche questo passaggio da pubblica assemblea a referendum si verificò per iniziativa pubblica: “In molti Cantoni, il referendum e i dispositivi di iniziativa furono visti come un sostituto accettabile per le assemblee comunali cantonali dirette ‘Landsgemeinden’. La crescita della popolazione aveva reso questo tipo di pubblica assemblea impraticabile. In alcuni Cantoni, come Schwyz e Zug nel 1848, la sostituzione fu immediata e diretta; introdotto il referendum, il Landsgemeinde fu messo da parte.”(Kobach, 1994, p. 100-101)

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio effettuando le eventuali correzioni e inviandole a piccoliemilio@gmail.com

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    010 Democrazia Diretta cap 2 Cos’è la democrazia? – I principi della pubblica assemblea

    13 Luglio 2009 // 1 Commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    I principi della pubblica assemblea
    Certi principi sono insiti in ogni assemblea democratica pubblica.

    Il principio di uguaglianza
    Il principio di uguaglianza costituisce le basi della pubblica assemblea: tutti i membri maturi (nel senso di responsabili) della comunità possono prendere parte alla pubblica assemblea e viene loro accordato ugual peso nel processo decisionale.
    Non è facile basare questo principio di uguaglianza su un principio positivo. Però è molto facile istituire il principio di uguaglianza in modo negativo. Dopo tutto, l’ideale democratico si basa sul principio fondamentale che non c’è autorità superiore a quella del popolo. Per definizione, questo principio implica che tutti appaiano uguali. Se alcuni di coloro che partecipano hanno un peso maggiore rispetto agli altri nel processo decisionale, solo in virtù di quello che sono, ci ritroviamo nuovamente nell’oligarchia.
    Quindi il voto di ogni persona matura ha lo stesso peso. La storia della democrazia nel XX secolo è stata in gran parte una battaglia su questo principio, una battaglia che si è svolta principalmente su tre fronti: il sistema del suffragio universale (in cui ogni persona, indipendentemente dai suoi possedimenti, età o competenza riceve un voto uguale); il diritto di voto delle donne; e il diritto di voto indipendente da caratteristiche biologiche connotanti (ad esempio, diritto di voto per la gente di colore in Sudafrica).

    Il diritto d’iniziativa
    Il diritto di iniziativa significa che ogni membro dell’assemblea pubblica ha un uguale diritto di presentare proposte. Pertanto l’ordine del giorno dell’assemblea pubblica non viene stabilito da un’élite.
    Il diritto d’iniziativa non è nient’altro che una applicazione particolare del principio di uguaglianza. Ciò non significa che la presentazione delle proposte non possa essere sottoposta a regole. Ad esempio, tali regole potrebbero specificare che una proposta venga presentata entro quattordici giorni prima della riunione o che ogni proposta venga sottoscritta almeno da cento membri della riunione. Il punto essenziale rimane che le regole siano le stesse per tutti.

    La regola maggioritaria
    Nella situazione ideale, c’è unanimità: tutti concordano su una proposta. Tuttavia l’unanimità di solito non viene raggiunta. Questo è il motivo per cui viene usata la regola della maggioranza. É una conseguenza del principio di uguaglianza e scaturisce dal desiderio di minimizzare il disordine: applicando la regola della maggioranza si ottiene il numero minimo di persone insoddisfatte. Si potrebbe anche sostenere che qualsiasi altra soluzione diversa dalla regola della maggioranza semplice nega sostanzialmente il principio di uguaglianza. Del resto se operiamo con una maggioranza qualificata (es. due terzi) ciò significa che una minoranza può negare la volontà della maggioranza – per esempio se il 60 per cento vuole l’opzione A e il 40 per cento vuole l’opzione B.
    La regola della maggioranza ha una dimensione esistenziale. Nell’accettare questa regola, riconosciamo i difetti umani. L’esistenza di una minoranza dimostra che la discussione e il processo di formazione delle idee sono stati incompleti. Allo stesso tempo il principio di maggioranza ci ricorda il fatto che la democrazia deve essere sempre percepita come un processo storico. La minoranza di oggi può essere la maggioranza di domani. La maggior parte delle nuove idee inizialmente incontra resistenza e rifiuto, ma di solito possono essere accettate in seguito. La regola della maggioranza può funzionare in modo veramente corretto solo quando è sufficientemente storicamente assimilata nella società o nella comunità. Quando una decisione presa da una maggioranza contro una minoranza viene percepita da quella stessa maggioranza come un “trionfo” assoluto, fuori da ogni significato storico, la qualità della democrazia ne soffre.
    La regola della maggioranza è in contrasto con tutte le tendenze elitariste. I movimenti autoritari non riconoscono la regola della maggioranza. Essi promuovono sempre l’una o l’altra immagine di un ‘ “avanguardia” o di una élite che può imporre la sua volontà alla maggioranza. I leninisti parleranno del ruolo di punta del partito comunista e della dittatura del proletariato. I nazional-socialisti punteranno su élite basate su caratteristiche razziali. I fondamentalisti religiosi rifiuteranno la parità di diritti per donne e dissidenti, anche se essi costituiscono la maggioranza.
    In una forma attenuata, ma anche così molto reale, questo principio elitario è presente anche tra i fautori della cosiddetta democrazia rappresentativa. Dewachter (1992,p. 70)) la mette come segue : “In accordo al concetto base di ‘democrazia parlamentare’, le decisioni vengono prese da una selezione di ‘Prìncipi filosofi’. Rappresentativamente distribuiti per tutto l’intero territorio, viene eletto un campione di rappresentanti del popolo. Tuttavia, i membri eletti stessi non sono i più rappresentativi; non sono una media, ma sono i migliori. Il Parlamento è l’assemblea dei migliori della Nazione.” L’ex ministro della Giustizia della Repubblica federale tedesca, Thomas Dehler, ha espresso questo come segue: “A mio parere, si tratta di un malinteso sulla natura della democrazia nel credere che il Parlamento sia l’esecutore della volontà popolare. Penso che la natura della democrazia rappresentativa sia una cosa ben diversa: in realtà è una aristocrazia parlamentare. I membri del Parlamento hanno il dovere e l’opportunità di agire con un maggiore discernimento, una conoscenza superiore, rispetto a quello del singolo cittadino “. (Citato da Dewachter, 2003, p. 30)
    Per questa chiara espressione dell’idea elitarista che sta dietro alla democrazia rappresentativa pura, Dehler non solo è stato applaudito dai cristiano-democratici, ma anche dai liberali e dai socialisti. In tale contesto, la differenza con i sistemi totalitari è che, in un sistema parlamentare puro, l’élite deve ottenere dai cittadini una maggioranza formale. Comunque, ciò che il sistema parlamentare puro e il totalitarismo hanno in comune è che essi permettono l’attuazione di leggi contro la volontà della maggioranza del popolo.

    Il principio del mandato
    L’unanimità costante è irraggiungibile in una democrazia. Questo è il motivo per cui la regola maggioritaria fa parte “dell’archetipo” democratico. Ma c’è ancora un altro problema. La partecipazione universale nel processo decisionale democratico sarà comunque irrealizzabile. Ci saranno sempre membri della comunità che non vorranno partecipare per decidere su certe questioni: perché non hanno il tempo, perché ritengono di avere conoscenze insufficienti, o perché hanno altri motivi per non farlo. Così, in aggiunta alla regola maggioritaria, è stato introdotto anche la regola del mandato: coloro che non partecipano alla pubblica assemblea sono considerati come datori di un mandato a coloro che vi partecipano.
    La regola del mandato non può essere evitata con l’imposizione del voto obbligatorio o della presenza obbligatoria (perdi più tale presenza obbligatoria non è nemmeno auspicabile, si veda il riquadro 6-2). Anche se viene decretato per legge che tutti i membri della comunità debbano partecipare alla pubblica assemblea, deve essere sempre fatto un accordo per coloro che non rispettano tale obbligo. Le decisioni della pubblica assemblea saranno sempre vincolanti anche per gli assenti.
    Così il principio del mandato non ha nulla a che fare con la differenza fra processo decisionale rappresentativo e processo decisionale democratico-diretto. Il principio del mandato è una conseguenza diretta del fatto che le leggi, per definizione, si applicano a tutti i membri della comunità. In altre parole: non posso negare che una qualsiasi legge si applichi a me personalmente argomentando che non ho partecipato alla creazione della legge. Con la rinuncia alla partecipazione al processo decisionale sulla legge, io vengo automaticamente considerato come se avessi dato un mandato a chi ha preso effettivamente la decisione. Senza questo principio ogni individuo potrebbe sottrarsi all’ applicabilità delle disposizioni legislative a loro propria discrezione.
    Quindi in un processo decisionale democratico-diretto tramite pubblica assemblea, formalmente ci sono sempre due decisioni da prendere:
    - primo, viene presa una decisione di mandato: ogni cittadino decide di partecipare personalmente al ‘parlamento ad hoc’ che prenderà la decisione, oppure di dare mandato ai concittadini (solo se non partecipa);
    - secondo, la pubblica assemblea decide allora sulla questione in discussione.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio effettuando le eventuali correzioni e inviandole a piccoliemilio@gmail.com

    La versione in inglese che sta traducendo si trova qui:

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    009 Democrazia Diretta cap 2 Cos’è la democrazia? – In cerca dell’archetipo

    3 Luglio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    Cap 2. Cosa è la democrazia ?

    La democrazia varia da paese a paese e di epoca in epoca. Cento anni fa, veniva discusso il suffragio universale per gli uomini ed era impensabile il voto per le donne. Oggi ci sembra inspiegabile come possa esserci stata un’epoca in cui non era consentito votare alle donne e un uomo ricco potesse avere più voti di un uomo povero. Succederà la stessa cosa con il referendum. Verrà un giorno in cui nessuno si ricorderà più che, in un tempo passato, alla gente non veniva permesso di decidere direttamente la propria sorte.
    La democrazia si evolve. Vista la diversità delle forme democratiche nei vari paesi, quali sono ora le caratteristiche essenziali della democrazia? Cosa permette a una democrazia di distinguersi da una non-democrazia? Un dittatore che si dice “democratico” è sempre un dittatore. Ci deve essere un criterio obiettivo che rende possibile tale distinzione. Chiamiamo l’insieme di questi criteri “l’archetipo” della democrazia.

    In cerca dell’archetipo
    Democrazia significa “governo dal popolo”. Ci sono certamente altre forme di “governo” o di potere statale. In una “oligarchia”, ad esempio, una piccola élite governa. Nella “timocrazia” predomina la gente ricca. In una “teocrazia” si suppone che sia Dio a esercitare il potere.
    Il termine “democrazia” viene recepito molto più positivamente dal ventesimo secolo in poi. Praticamente tutti gli Stati si riferiscono in un modo o nell’altro all’ideale democratico, anche se il loro regime è totalitario. La democrazia ha prevalso, per lo meno a livello ideale. Le cose stavano diversamente nel 18° secolo. “Democratico” era sovente un termine ingiurioso a quel tempo.
    Poiché il potere viene espresso per via legislativa, ‘democrazia’ significa che la gente fa le leggi. In una democrazia, le leggi traggono la loro autorità dal fatto che il popolo, in un modo o nell’altro, le approva. Il potere legislativo in una oligarchia si basa sull’approvazione di una minoranza, e sulla benedizione divina in una teocrazia. In una democrazia non vi è altra autorità superiore al popolo.
    Le leggi impongono obblighi, non per il popolo nel suo complesso, ma certamente per i singoli cittadini. I singoli membri della società sono tenuti a riconoscere l’autorità della legge perché in teoria hanno avuto anche l’opportunità di contribuire a conformare la legge. Ecco quindi come si giunge al concetto di Jean-Jacques Rousseau di “contratto sociale”: la legislazione è il risultato di un contratto sociale tra cittadini uguali e responsabili. Nella visione democratica un diritto è legittimato solo quando coloro che sono tenuti a rispettare la legge sono anche in grado di contribuire alla creazione di tale legge.
    Il concetto di “contratto sociale” si definisce meglio “al negativo” – per così dire – con un procedimento ad eliminazione. Se l’autorità della legislazione non è tratta dall’autorità di Dio, della nobiltà, dei proprietari terrieri, del denaro o della conoscenza allora il contratto sociale è la sola possibilità che rimane. Le leggi traggono la loro autorità dal fatto che ci sono accordi volontari tra i membri della comunità giuridica.
    I politici fanno spesso riferimento al “contratto sociale”, come un accordo tra il popolo ed i politici stessi. Il contratto viene rinnovato, per così dire, ad ogni elezione. Ma il filosofo Thomas Paine ha già respinto questa interpretazione nei Diritti dell’Uomo (1791): “Si è pensato a un notevole avanzamento verso l’istituzione di principi di libertà nel dire che il governo è un patto tra chi governa e chi è governato, ma questo non può essere vero, perché ciò mette l’effetto prima della causa, siccome l’uomo deve essere esistito prima che esistessero i governi, c’è stato necessariamente un momento in cui i governi non esistevano e di conseguenza non potevano inizialmente esistere governatori con cui stabilire tale patto. La verità quindi deve essere che gli individui stessi, ciascuno nel loro proprio personale e sovrano diritto, hanno intavolato un patto con tutti gli altri per creare un governo: e questo è l’unico modo in cui i governi hanno il diritto di nascere, e il solo principio su cui essi hanno diritto di esistere. “(Paine, 1791, 1894, parte 2, p. 309). Un “contratto sociale” è quindi un contratto fra cittadini, e un sistema politico emerge solo come un risultato di questo.
    Come possono i cittadini intavolare un contratto sociale con tutti gli altri? Ovviamente essi devono incontrarsi, discuterlo e concordarlo. In questo modo si crea la prima specifica istanza di riunione democratica: la pubblica assemblea.
    Le assemblee pubbliche sono anche una realtà storica. In alcune piccole comunità, per esempio negli Stati Uniti e in Svizzera, l’assemblea pubblica svolge ancora oggi un ruolo [v. 2-1]. E ‘chiaro che l’assemblea pubblica in quanto tale non può funzionare in un moderno Stato costituzionale, con milioni di cittadini. Ma, al tempo stesso, l’assemblea pubblica fornisce ancora un primo esempio pratico di ideale democratico. Pertanto, dobbiamo dapprima esaminare le caratteristiche essenziali delle pubbliche assemblee democratiche.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio effettuando le eventuali correzioni e inviandole a piccoliemilio@gmail.com

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    008 Democrazia Diretta 1 – inserto 1.3 Potere politico e democrazia diretta

    21 Giugno 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    1- 3: Potere politico e democrazia diretta

    Quello che molti politici pensano riguardo a se e in che misura i referendum siano auspicabili è molto legato alla loro propria vicinanza al potere politico. Più potere hanno acquisito in un sistema rappresentativo, più sembrano opporsi alla democrazia diretta. Seguono alcuni esempi su questo.
    In Svezia, nel corso del XX secolo si sono tenuti solo cinque referendum in totale. Le posizioni dei più importanti partiti svedesi – il partito socialista e il partito conservatore – variavano a seconda se erano o no al potere in quel momento. Prima della Seconda Guerra Mondiale il partito conservatore svedese era rigorosamente contro il referendum; dopo la guerra, quando questo partito fu all’opposizione per decenni, è diventato un fautore dei referendum. Nel partito socialista svedese, le cose si sono sviluppate esattamente nella direzione opposta: questo partito ha cominciato a rifiutare referendum dal momento in cui guadagnato la maggioranza assoluta al ‘Rikstag’ svedese. Ruin (1996, p. 173) riassume come segue: “i partiti che appartengono all’opposizione o hanno una posizione subordinata manifestano la tendenza a difendere il referendum. Partiti che siedono al governo o che hanno una posizione esecutiva tendono a mostrare un atteggiamento sprezzante”.

    Nel Baden-Württemberg, i cristiano-democratici (CDU), approdarono all’opposizione dopo la Seconda Guerra Mondiale. Quando la costituzione di questo Stato tedesco era in fase di elaborazione nel 1952-1953, la CDU argomentava per l’introduzione del referendum. La maggioranza governativa in quel momento, di cui i socialisti SPD erano il partner più importante, tuttavia, si era opposta all’introduzione. Nel 1972, la situazione era cambiata: il Baden-Württemberg era ora governato da una coalizione di liberali e cristiano democratici. Quando venne prospettata una modifica alla Costituzione, la Spd prese l’iniziativa per introdurre anche i referendum. Ciò creò una forte opposizione da parte della CDU. Emerse la particolare situazione in cui la SPD e CDU ora adottavano le stesse posizioni che avevano tenuto venti anni prima i loro avversari.

    Alla fine vi fu un compromesso: il referendum fu introdotto come principio, ma con una soglia gigantesca. Al fine di indire un referendum, un sesto degli elettori del Baden-Württemberg devono registrare le loro firme nei municipi o negli uffici comunali entro un periodo di due settimane. Com’era prevedibile, ovviamente, non un solo referendum si è svolto nel decennio successivo. Nel 1994, uno gruppo di cittadini ha scritto molto educatamente: “Purtroppo, in considerazione di questa mutevole posizione, non si può fare a meno di pensare che se un partito è stato pro o contro i referendum in passato era dipeso in primo luogo dal fatto che il partito considerasse la questione da una prospettiva governativa o da una prospettiva di opposizione “. (Stuttgarter memorandum, 1994, p. 23).

    Non è solo la divisione tra i partiti di opposizione e di governo a giocare un ruolo. Nel sondaggio d’opinione belga condotto nel 1998 dall’Instituut voor Plaatselijke Socialistische Actie, menzionato sopra, appariva che i politici locali con un mandato esecutivo (assessori e sindaci) consideravano il referendum anche meno favorevolmente rispetto ai politici con un mandato rappresentativo (consiglieri comunali), indipendentemente dal fatto che quest’ultimo appartenesse all’opposizione o alla coalizione di governo. (De Morgen giornale, il 31 gennaio 1998)

    Del resto, l’introduzione della democrazia diretta non è l’unica questione su cui i partiti politici cambiano di abitudine il loro punto di vista a seconda della loro quota di potere. Lo stesso fenomeno vale per la questione della limitazione sul numero di volte che un rappresentante può conservare la stessa carica. Tra gli elettori americani, circa il 75% sostengono la rieliggibilità limitata. Per contro, solo il 18% dei membri dei singoli parlamenti di Stato si sono espressi a favore, con il 76% contrari a qualsiasi restrizione. Tra i lobbisti di professione, non meno del 86% era a favore della rieleggibilità illimitata. Ciò non è sorprendente, perché la rieleggibilità limitata minaccia la ‘old boys network’ che è fondamentale per un buon lobbista. Un lobbista ha anche dichiarato esplicitamente: “I lobbisti concordano con la tesi dei difensori della rieleggibilità limitata : questa misura scinderebbe i legami e interferirebbe con il lavoro dei gruppi di interesse” (O’Keefe1999). Nelle Fiandre, il sistema della rieleggibilità limitata era originariamente parte centrale della dottrina del partito verde Agalev. Questo partito ritieneva che ai titolari del mandato dovrebbe essere consentito di rinnovare il loro mandato solo una sola volta. Quando si venne al dunque, e alcuni pesi massimi elettorale videro le loro posizioni minacciate da questa misura, la posizione del partito fu immediatamente modificata.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio, scaricandoti il capitolo intero tradotto qui direct-democracy-verhulst-1, effettuando le eventuali correzioni con un colore diverso e inviandolo a piccoliemilio@gmail.com

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    007 Democrazia Diretta 1 – inserto 1.2 L’élite politica vuole la democrazia diretta ?

    10 Giugno 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    1-2 : L’élite politica vuole la democrazia diretta ?

    No. Da sondaggi di opinione tenuti tra i politici, in genere appare chiaro che la maggioranza di loro sono avversari della democrazia diretta.
    In Danimarca, ai membri del parlamento nazionale è stato chiesto il loro parere in merito all’affermazione: “Ci dovrebbero essere più referendum in Danimarca”. La grande maggioranza dei membri del parlamento era contraria a questo. Per tre partiti -Socialdemocratici, Liberali di sinistra e Democratici di centro- furono perfino il 100% contro ; inoltre il 96% dei membri della Destra liberale e il 58% dei conservatori erano contro. Solo una (larga) maggioranza dei Socialisti e del Partito popolare danese furono a favore (giornale Jyllands Posten, 30 dicembre 1998).
    Nel 1993, lo scienziato di scienze politiche Tops condusse un un sondaggio d’opinione nei Paesi Bassi tra i membri di consigli comunali. Meno di un quarto erano a favore dell’introduzione del referendum obbligatorio (NG Magazine, 31 dicembre 1993). Un altro sondaggio, condotto dall’Università di Leiden trovò che il 36% di tutti i consiglieri comunali si pronunciarono a favore del l’introduzione del referendum opzionale e il 52% era contro. Consiglieri del VVD (Liberali di destra) e del CDA (Democarici cristiani) erano contro addirittura con una media del 70%. Solo i Verdi di sinistra ed il D66 (Liberali di sinistra) presentavano una maggioranza dei consiglieri a favore del referendum opzionale (Binnenlands, Bestruur periodico del governo locale, 18 febbraio 1994). (continua…)

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    006 Democrazia Diretta 1 – inserto 1.1 La gente vuole la democrazia diretta?

    6 Giugno 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    La gente vuole la democrazia diretta?

    Sì. Non c’è praticamente nessun paese occidentale in cui non ci sia una maggioranza del popolo (di solito larga) che vuole la democrazia diretta. Nel 1995, il sondaggio ’stato della Nazione’ mostrò che il 77% dei cittadini britannici credeva che dovesse essere introdotto un sistema “… in cui certe decisioni vengono rimesse al popolo per decidere con referendum popolare” (Prospect Magazine, ottobre 1998). Secondo un sondaggio pubblicato dal Sun (15 marzo 2003), l’84% dei britannici voleva un referendum sulla Costituzione europea. Allo stesso tempo, è apparve un sondaggio sul Daily Telegraph, secondo cui l’83% dei cittadini britannici voleva risolvere questioni di sovranità per mezzo di referendum nazionali; solo il 13% ritieneva che questo fosse competenza del governo. Il Guardian (29 febbraio 2000) pubblicò un sondaggio secondo il quale il 69% dei britannici voleva un referendum sul nuovo sistema elettorale proposto dal Primo Ministro Blair. Ciò dimostra chiaramente che il popolo britannico vuole l’ultima parola in merito all’organizzazione del loro sistema politico. In Germania, più di 4 cittadini su 5 desidera che l’iniziativa del referendum popolare venga introdotta a livello nazionale. Da un sondaggio Emnid nel 2005, divenne chiaro che l’85% dei tedeschi ne erano convinti (Readers Digest, 10 agosto 2005), e dati comparabili sono pervenuti da decine di altri sondaggi. Nel 2004 Emnid chiese anche ai tedeschi se volevano un referendum sulla Costituzione europea; il 79% rispose in senso affermativo. Precedenti sondaggi mostrarono che la preferenza tedesca per la democrazia diretta è trasversale in tutti i partiti: erano sostenitori il 77% degli elettori della SPD, il 68% degli elettori CDU, il 75% degli elettori FDP, il 69% deglii elettori dei Verdi, il 75% degli elettori PDS. (Zeitschrift für Direkte Demokratie 51 (periodici per la democrazia diretta no. 51), 2001, p. 7). Secondo un sondaggio SOFRES, l’82% dei francesi sono a favore dell’iniziativa referendaria popolare; il 15% sono contrari (Lire la politique, il 12 marzo 2003).

    Nei Paesi Bassi, secondo un sondaggio SCP del 2002, l’81% degli elettori sostiene (continua…)

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    005 Democrazia Diretta 1 – Perdita di fiducia

    30 Maggio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    Perdita di fiducia

    La popolazione nella maggior parte dei paesi europei si rende conto che il processo decisionale viene esercitato con poca democrazia e ha in gran parte perso la sua fiducia nella natura democratica delle istituzioni.

    In Germania, una ricerca della TNS Emnid, commissionata dalla rivista Reader’s Digest, ha dimostrato che la fiducia dei cittadini nei partiti politici è calata dal 41% al 17% nei dieci anni dal 1995 al 2005. La fiducia nel parlamento è diminuita nello stesso periodo dal 58% al 34%, e la fiducia nel governo dal 53% al 26%. “Sotto la superficie, si sta preparando una grande tempesta”, ha commentato lo scienziato politico Karl-Rudolf Korte. “Questo è molto di più che la solita mancanza di interesse nella politica e nei partiti politici. La gente ora disprezza i suoi rappresentanti ufficiali”. (Reader’s Digest Online, 10 agosto 2005). Secondo un sondaggio Gallup, il 76% dei tedeschi considera i loro politici disonesti. (Die Zeit, il 4 agosto 2005). Un sondaggio della SOFRES nel 2003 ha mostrato che il 90% dei francesi credono di non esercitare alcuna influenza sul processo decisionale della politica nazionale; il 76% crede questo anche riguardo alla politica locale. (Lire la politique, 12 marzo 2003)

    Il sociologo belga Elchardus rilevò le opinioni dei Belgi sulla democrazia nel 1999. Egli riassunse: “Una grande maggioranza degli elettori ha l’impressione che la loro opinione e la loro voce non penetra nella politica attraverso i politici. (…) Il 58% degli interpellati ha avuto l’impressione che i politici, una volta eletti, ‘credono di essere troppo bravi per gente come me’. Tutto questo porta più di un quarto degli elettori a esprimere la loro sfiducia assoluta: ‘in realtà non c’è un solo politico a cui darei la fiducia’. Solo tra 15% e il 23% delle persone interrogate accorda dichiarazioni positive sulla politica e la sua rappresentanza. Non appare esagerato affermare che tra la metà e i tre quarti degli elettori si sente impotente.”(Elchardus, 1999, p. 36)
    Sondaggi tenuti nel 2004 da Maurice de Hond nei Paesi Bassi dimostrano che la maggioranza degli olandesi hanno poca fede nel contenuto democratico del loro Stato. Il 70% è in disaccordo con la dichiarazione: “I politici attualmente ascoltano meglio rispetto a cinque anni fa”. Il 51% è in disaccordo con la dichiarazione: “Nei Paesi Bassi, l’elettore ha un ruolo importante nel funzionamento del governo nazionale”; invece il 47% concorda con essa. Il 55% è in disaccordo con l’affermazione: “I Paesi Bassi sono una vera democrazia”, mentre solo il 39% concorda con essa. Il popolo olandese crede che, in media, siano corrotti il 12% dei membri di parlamento e governo, e il 18% dei politici comunali e provinciali. In media il popolo olandese pensa che il 17% dei funzionari statali siano corrotti, rispetto al 18% dei funzionari comunali e provinciali. Inoltre, un quarto degli intervistati ha ammesso una esperienza personale legata alla corruzione tra i politici o, tramite conoscenti, che hanno conoscenza di casi specifici (www.peil.nl).

    Nel 2002, Gallup ha organizzato un gigantesco sondaggio sul grado di fiducia degli intervistati in 17 ‘istituzioni’ sociali – dall’esercito e le organizzazioni sindacali al parlamento e le multinazionali. Ciò ha coinvolto 36.000 persone da consultare in 47 paesi. Di tutte le istituzioni, i parlamenti sembravano godere la minore fiducia: una media del 51% delle persone aveva poco o nessuna fiducia, mentre solo il 38% aveva da un moderato ad un elevato livello di fiducia. (De Witte Werf, Spring 2003, p. 11). Nel 2004, il cane da guardia della corruzione internazionale, Transparency International, ha organizzato un analogo sondaggio in 62 paesi, in cui non meno di 50.000 persone sono state interrogate riguardo a quali organismi sociali sono considerati più sani e quali più corrotti. I partiti politici furono considerati i pù corrotti; su 36 dei 62 paesi essi erano in cima a questo problematico elenco; con i parlamenti al secondo posto. (Rotterdams Dagblad, 10 dicembre 2004)

    Non si deve pensare, tuttavia, che questo strisciante processo di perdita di fiducia possa semplicemente continuare per sempre. Un governo che ha perso la fiducia della maggioranza dei cittadini ha già perso di fatto la sua legittimità.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio, scaricandoti il primo capitolo con versione inglese a fronte e traduzione in italiano di direct-democracy-verhulst-1, effettuando le eventuali correzioni con un colore diverso e inviandolo a piccoliemilio@gmail.com

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    004 Democrazia Diretta 1 – La nostra democrazia è un “nonsense”

    29 Maggio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    La nostra democrazia è un “nonsense”

    Noi siamo ad oggi lontani da tale democrazia integrata. Il processo decisionale politico in genere si svolge al di là dell’influenza, ed anche al di là della conoscenza, dei cittadini. Ciò vale per quasi tutti gli Stati europei.

    Hans Herbert von Arnim è professore di diritto pubblico e teoria costituzionale all’Università di Seyer in Germania. Ha scritto vari libri su democrazia e politica ed ha acquisito fama per via dell’esposizione della realtà spesso sordida che si cela dietro la “bella faccia della democrazia”. Nel suo libro “Il sistema” (Il sistema; sottotitolo: ‘la macchinazione del potere’), pubblicato nel 2001, egli solleva il coperchio sopra il sistema politico tedesco: “Se la democrazia rappresentativa significa governo del popolo per il popolo (Abraham Lincoln), diventa subito evidente che, in realtà non tutto è in accordo con i principi di base di ciò che si suppone essere il più liberale e democratico sistema sociale che sia mai esistito in Germania. Lo Stato e la politica sono nel complesso in una condizione tale che solo ottimisti di professione o degli ipocriti possono rivendicare che questo sia un risultato della volontà del popolo. Ogni tedesco ha la libertà di obbedire a leggi a cui non ha mai dato il suo assenso; egli può ammirare la maestosità di una Costituzione alla quale egli non ha mai dato legittimità; egli è libero di onorare i politici che nessun cittadino ha mai eletto, e per provvedere a loro generosamente, con le proprie tasse, sull’uso delle quali egli non è mai stato consultato “. Secondo Von Arnim, i partiti politici che prendono le decisioni in questo sistema sono diventate istituzioni monolitiche. L’identificazione politica e la soddisfazione dei bisogni, che in una democrazia dovrebbe procedere dal basso verso l’alto – dal popolo al parlamento – è completamente nelle mani del leader dei partiti.
    Von Arnim biasima anche il sistema di finanziamento dei partiti, attraverso il quale i politici possono determinare personalmente quanto i loro partiti – associazioni private come qualsiasi altra – possono incassare dalle entrate fiscali. Secondo Von Arnim, non è sorprendente che i politici continuino ad ignorare il sempre crescente clamore a favore della riforma del sistema politico, perché altrimenti verrebbe minata la loro comoda posizione di potere.

    In Gran Bretagna, la Power Inquiry, un comitato istituito dalle organizzazioni sociali e composto sia da politici che da cittadini, ha condotto una indagine su larga scala sullo stato della democrazia britannica, e in particolare sui motivi per cui tanti cittadini sembrano aver voltato le spalle alla politica. Essi hanno organizzato assemblee in tutto il paese, in cui i cittadini sono stati invitati a presentare le loro opinioni, e hanno pubblicato la relazione ‘potere al popolo’, in cui si osserva: “L’unico fattore sentito come causa del disimpegno, che attraversa tutti i settori della nostra indagine, è la sensazione molto diffusa che i cittadini ritengono che il loro punti di vista e interessi non vengono presi sufficientemente in considerazione dal processo di decisione politica. L’iontensità e l’ampiezza di questa percezione tra i cittadini britannici non può essere sottolineata mai a sufficienza. Molte, se non tutte, delle altre spiegazioni ricevute, qui presentate, possono essere anche intese come variazioni su questo tema della debole influenza del cittadino. (…) Questo opinione su tale tema prevale fortemente nelle molte osservazioni pubbliche ricevute dalla Inquiry.” (Power Inquiry, 2006, p.72). (continua…)

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    003 Democrazia Diretta 1 – Democrazia in evoluzione

    27 Maggio 2009 // Nessun commento »

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    Traduzione Emilio Piccoli

    Capitolo 1

    Democrazia in evoluzione

    La democrazia non è mai completa. La crescita della democrazia deve essere vista come un processo organico. La democrazia non può arrestare sviluppo e approfondimento, proprio come una persona non può smettere di respirare. Un sistema democratico che rimane statico e immutato degenererà e diventerà antidemocratico. È solo un tale processo di sclerosi che causa l’attuale malessere della società. Siamo di fronte al fatto che la democrazia nelle nostre società è in condizioni disastrose.

    La nostra attuale democrazia, puramente rappresentativa, è in realtà la risposta alle aspirazioni di più di un secolo fa. Questo sistema era adatto in quell’epoca, perché la maggior parte della gente poteva riconoscere il loro punto di vista politico e i loro ideali riflessi in un piccolo numero di chiare credenze umane e sociali, che erano incarnate e rappresentate, per esempio, da gruppi cristiani, socialisti o liberali. Quest’epoca è passata da molto tempo. Le idee e le opinioni delle persone si sono sempre più individualizzate.

    La forma democratica appropriata in questo contesto è un sistema parlamentare integrato con l’ iniziativa referendaria obbligatoria dei cittadini (democrazia diretta), perché solo un tale sistema prevede un collegamento diretto tra i singoli individui e gli organi legislativi ed esecutivi. Quanto maggiore è la propensione dei cittadini verso le opinioni individuali, e la perdita da parte dei partiti politici del loro monopolio come punti di mobilitazione ideologica, tanto più elevata sarà la domanda di strumenti decisionali democratici-diretti.

    Infatti, la maggioranza della gente nei paesi occidentali vuole che venga introdotto il referendum [v. 1-1]. Questo fatto da solo dovrebbe essere decisivo anche per la sua reale implementazione.
    Letteralmente democrazia significa: ‘governo del popolo’ (Oxford English Dictionary).
    Il primo passo verso un autentico governo dei cittadini comporta necessariamente che la persone siano in grado di determinare autonomamente come questo governo popolare sia progettato e messo in pratica.

    Tuttavia, vediamo che la maggior parte dei politici parlano contro il referendum [v. 1-2]. È sorprendente che quanto più elevato è il livello di potere effettivo di cui dispongono, tanto più vigorosamente molti politici avversano il referendum [v. 1-3]. In tal modo, essi adottano effettivamente gli stessi argomenti che erano già stati utilizzati un tempo per opporsi al diritto di voto dei lavoratori e delle donne. Si può anche dimostrare che questi argomenti sono di valore molto scarso. Nel capitolo 6, esamineremo attentamente le principali contro-argomentazioni. (continua…)

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    002 Democrazia Diretta 1 – Due fonti di potere

    25 Maggio 2009 // Nessun commento »

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    Traduzione Emilio Piccoli

    Capitolo 1

    Due fonti di potere

    La democrazia deriva la sua superiorità da due fonti.
    In primo luogo, un regime democratico viene legittimato. In una vera democrazia, la forma del regime è, per definizione, quella ambita dal popolo. E’ logico che un tale regime può contare sul sostegno interno più che un dittatore.
    In secondo luogo, una democrazia è più produttiva. In un regime autoritario, le idee della maggioranza dei cittadini hanno scarse possibilità di influenzare il processo decisionale. In una democrazia c’è una base molto più ampia di idee.
    Inoltre, la selezione delle idee è più efficiente in una democrazia. La democrazia non è altro che l’elaborazione sociale delle idee individuali. Le nuove idee provengono sempre dagli individui, perché solo gli individui possono pensare. Ma le idee individuali devono essere considerate, soppesate le une con le altre e adattate alle condizioni della società. Si ha bisogno l’uno dell’altro per correggere le imperfezioni di ogni idea altrui. Il cuore della democrazia è in realtà questo processo di formazione della percezione sociale, in cui l’idea o la proposta di una singola persona, spesso già accettata da un gruppo più piccolo (un partito politico, gruppo d’azione o di pressione), ha i suoi pro e contro soppesati dall’insieme della società. Questo processo di formazione della percezione porta a una scelta. Ma la scelta deve sempre essere esaminata in un contesto storico, l’odierna minoranza può essere la maggioranza domani. In relazione al fluire della formazione di immagini le decisioni d’oggigiorno sono come percussioni di timpani dentro un’intera sinfonia.
    Nel medio-lungo termine, le decisioni democratiche saranno socialmente superiori a decisioni dittatoriali. Obiettivi moralmente discutibili, che non sono utili all’interesse comune, per loro stessa natura cercheranno una loro via attraverso canali nascosti che sono protetti dalla luce dell’aperto processo decisionale democratico. In condizioni democratiche, verranno filtrate le idee migliori, per così dire, perché noi siamo più inclini a riconoscere le debolezze degli altri che le nostre. Il processo di selezione che ha luogo lungo il cammino della democrazia può alimentare la società con ciò di cui ha bisogno. Ciò non significa che la presenza di strumenti democratici garantisca necessariamente la qualità delle iniziative morali dei singoli membri della società. Possiamo solo avere fiducia che tali iniziative possano emergere. Ma ciò non significa che aspirazioni moralmente degne non possano concretizzarsi senza democrazia. La politica non può mai prescrivere la morale. Ma la politica è in grado di creare strumenti democratici che permettono al potenziale morale che è dormiente negli individui di essere liberato e messo ad operare per il bene della società.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio, scaricandoti il primo capitolo con versione inglese a fronte e traduzione in italiano di direct-democracy-verhulst-1, effettuando le eventuali correzioni con un colore diverso e inviandolo a piccoliemilio@gmail.com

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    001 Democrazia Diretta Verhulst Nijeboer

    22 Maggio 2009 // Nessun commento »

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    Inizia da oggi la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio, scaricandoti il primo capitolo con versione inglese a fronte e traduzione in italiano di direct-democracy-verhulst-1, effettuando le eventuali correzioni con un colore diverso e inviandolo a piccoliemilio@gmail.com

    Traduzione in Italiano di Emilio Piccoli

    001 CAP 1
    CAP 1. Il potere nascosto della democrazia
    Il ventesimo secolo non passerà alla storia come il secolo delle tecnologie dell’informazione, dei viaggi nello spazio o dell’energia nucleare. Non sarà ricordato come il secolo del fascismo, comunismo o capitalismo. Né sarà il secolo delle due guerre mondiali.

    Il ventesimo secolo sarà il secolo della democrazia.

    Nel ventesimo secolo, per la prima volta nella storia, la democrazia è diventata uno standard globale. Non lasciamoci ingannare, in realtà lo standard non  è  stato  veramente attuato in nessun luogo, e la democrazia è continuamente schiacciata ovunque nel mondo. Tuttavia, fatte salve alcune eccezioni di rilievo come l’Arabia Saudita e il Bhutan, ogni tipo di regime rivendica la sua legittimità democratica. E fanno questo perché sanno che la democrazia è diventata lo standard per la popolazione mondiale. Questo è un fatto rivoluzionario.

    Nel IXX secolo, la democrazia era effettivamente ancora nella sua infanzia. L’unico sistema di voto universale apparve dapprima negli Stati Uniti d’America, ma fino alla metà del IXX secolo era generalmente limitato, nella maggior parte degli Stati, a uomini bianchi proprietari di beni. Le donne e le persone di colore non erano considerate all’altezza di partecipare alle elezioni. Soltanto nel 1870, dopo la guerra civile, alle persone di colore fu concesso il diritto costituzionale di voto. Le donne americane dovettero attendere fino al 1920. Nel Regno Unito, i lavoratori manifestarono e lottarono duramente per molti decenni, fino alla fine del IXX secolo, per ottenere il diritto di voto. Le “Suffragette” dimostrarono coraggiosamente dal 1904 al 1918, prima che alle donne oltre i 30 anni e a tutti gli uomini sopra i 21 fosse dato il diritto di voto. Venne il 1928 prima che questo diritto venisse rivisto per includere tutte le donne di età superiore a 21, e questo evento venne addirittura ridicolizzato come “il voto delle flapper”. In Sud Africa si predissero pure disastri nel caso in cui i diritti di voto universale venissero attuati! Col senno di poi, queste obiezioni alla concessione dei diritti di voto per i lavoratori, le donne e le persone di colore appaiono vacui e patetici.

    Vi è un potere occulto in agguato nella democrazia. Nella storia recente, i regimi democratici hanno resistito ripetutamente a sistemi dittatoriali apparentemente onnipotenti. Di volta in volta, le società più democratiche, in ultima analisi, sembravano avere la vitalità maggiore.

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    Inizia la traduzione/correzione collaborativa del libro “Direct Democracy – Verhulst”

    14 Maggio 2009 // Nessun commento »

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    di Paolo Michelotto

    Emilio Piccoli ha deciso di raccogliere l’invito fatto dagli autori belgi, di correggere/tradurre il libro in Italiano. (esiste già una bozza tradotta da correggere)

    Un grande libro, gratuito, ma che vale un capitale. Dati, fatti, storie, esempi sulla Democrazia Diretta, sui Referendum e sulle Iniziative. Risponde a moltissime domande con fatti, non con teorie. Disponibile in 6 lingue europee, qui in Inglese.

    Si trova in molte lingue (non ancora l’italiano) su questo sito:

    http://www.democracy-international.org/

    Emilio lo correggerà/tradurrà in base al suo tempo libero paragrafo dopo paragrafo. Metteremo online su questo sito i paragrafi man mano tradotti/corretti. Chiunque può aiutare, sia leggendo il testo in italiano che verrà tradotto e correggendo eventuali errori ortografici, sia traducendo ex-novo paragrafi del libro. Che al link sopra è disponibile in 6 lingue europee. Chi vuole aiutare con la traduzione/correzione, cortesemente contatti emilio alla sua email: piccoliemilio@gmail.com per evitare ripetizioni inutili di lavoro e sovrapposizioni.

    La bozza in Italiano da cui partire si trova qui: verhulst_democrazia_diretta_testo_integrale

    Chiunque può aiutare. Se siamo in tanti, il lavoro sarà fatto velocemente e con poca fatica individuale.

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