riporto l’interessante post di Andrea Paltrinieri sul suo blog Amare Vignola riguardante La giornata della democrazia che si effettuerà domenica 1 marzo 2015 a Vignola.
Domenica 1 marzo si terrà a Vignola la prima Giornata della democrazia (presso la sala parrocchiale di Brodano). Non si tratta della celebrazione cittadina di un aspetto importante della vita contemporanea, ma piuttosto di una vera giornata di confronto e discussione con l’obiettivo di rinnovare gli strumenti di partecipazione dei cittadini alle decisioni dell’amministrazione comunale. Il lavoro che inizierà l’1 marzo andrà dunque a tradursi in modifiche allo statuto comunale o al regolamento di funzionamento del consiglio comunale. Il tema è importante e merita qualche considerazione. L’invito, comunque, è quello di partecipare!
[1] Basta scorrere velocemente il programma (pdf) e si vede subito che si tratta di una vera giornata di lavoro. Certo, i protagonisti sono i cittadini, ma a condurre la giornata (relazioni principali del mattino e coordinamento delle sessioni di dibattito) sono stati chiamati Paolo Michelotto (già noto a diversi vignolesi: vedi) e Thomas Benedikter, entrambi autori di una guida – “Più democrazia nella politica comunale. Strumenti di partecipazione deliberativa e di democrazia diretta a livello comunale” – che l’amministrazione comunale ha opportunamente provveduto a stampare ed a mettere a disposizione dei partecipanti e dei cittadini interessati (una copia può essere richiesta presso l’Ufficio Partecipazione del comune). Molto interessante anche la formula d’invito: 500 cittadini estratti a sorte dalle liste elettorali hanno ricevuto una lettera d’invito per la giornata (pdf). Ma ovviamente chiunque sia interessato può partecipare (previa iscrizione).
[2] La prima Giornata della democrazia vignolese sarà dunque dedicata ad uno specifico tema: la partecipazione dei cittadini e gli strumenti che l’istituzione pubblica, il comune, mette loro a disposizione per conoscere e per contribuire ai processi decisionali amministrativi, oppure anche per prendere direttamente quelle decisioni (es. referendum). Qualcuno potrebbe ritenere singolare questa scelta di tema, visto che in fondo anche la democrazia praticata a livello locale è una “democrazia rappresentativa”, in cui cioè il principale atto politico dei cittadini consiste nell’elezione dei propri “rappresentanti” – sono poi questi ultimi (tramite la giunta ed il consiglio comunale) a prendere le decisioni (vedi), sotto forma di atti anche significativamente diversi tra loro per importanza e portata: si va dagli atti di pianificazione territoriale di valenza pluriennale (come il PSC, da noi in corso di redazione da anni: vedi), agli atti di allocazione delle risorse comunali assunti annualmente (come gli atti di bilancio: vedi), ad atti su oggetti assai più puntuali, su scuola, sociale, sport, cultura, ecc. Eppure da tempo sono evidenti i segni di malessere della democrazia rappresentativa (in Italia più che altrove), anche a livello locale (soprattutto in termini di disinteresse, disaffezione, sfiducia dei cittadini) (vedi). Per questo da tempo si sperimentano innovazioni, soprattutto a livello locale, per riconnettere, anche emotivamente, cittadini ed istituzioni. E’ dunque comprensibile che le tre liste civiche che oggi esprimono la maggioranza consiliare a Vignola intendano partire da qui, da un tentativo di rilancio della partecipazione dei cittadini, per rinnovare le forme della democrazia (vedi) e per ridurre il malessere che da tempo essa manifesta (come peraltro enunciato nel programma elettorale e sin da subito praticato: vedi).
[3] Il manuale di Benedikter e Michelotto costituisce una buona traccia per il lavoro che potrà essere svolto nella giornata della democrazia dell’1 marzo. Alcuni degli istituti di partecipazione che nel libro vengono presentati sono già contemplati dallo statuto comunale (referendum, petizioni, proposte di deliberazione, consiglio comunale aperto). Per questi si potrà trattare di aggiornamento delle norme, ad esempio con l’obiettivo di renderli effettivamente più fruibili (sino ad ora sono stati per nulla o poco utilizzati). Altri non sono al momento contemplati (es. la “parola ai cittadini”, anche se è già stata praticata dalla nuova amministrazione: vedi). Altri sono da tempo auspicati e potrebbero essere utilmente aggiunti (è il caso dell’istruttoria pubblica, un dispositivo di ascolto e confronto tra il consiglio comunale e la città per la predisposizione di politiche di settore: vedi). L’impressione, in ogni caso, è che grazie a questa iniziativa si potranno aggiornare gli istituti di partecipazione (nella guida sono presentati 12-13 metodi di “partecipazione deliberativa”), senza con questo attendersi alcuna rivoluzione. Il perché lo dicono con chiarezza gli stessi Benedikter e Michelotto nella prefazione alla loro guida: “la partecipazione diretta dei cittadini alla politica, applicabile con questi metodi, non va a intaccare il fatto che la nostra democrazia nella sostanza sia e resti un sistema rappresentativo. In altre parole: la stragrande maggioranza delle decisioni politiche continuano ad essere prese dal Consiglio e dalla Giunta comunale” (p.7). Ed anche: “il sistema rappresentativo non viene messo in questione, ma solo integrato e completato” (p.8). E’ proprio così. Se dunque è importante offrire nuove e più ampie opportunità ai cittadini di partecipazione alla formazione delle decisioni amministrative locali, è ugualmente importante operare per migliorare il funzionamento della locale “democrazia rappresentativa”, ad esempio facendo un salto di qualità circa la “trasparenza” o la “rendicontazione” dei risultati conseguiti dalle politiche comunali (al massimo tra un paio di mesi vedremo se davvero la nuova amministrazione civica sarà in grado di fare un salto di qualità rispetto al ritualismo della rendicontazione – es. bilancio di missione – proposto dall’amministrazione Denti: vedi). Insomma, sono fortemente richieste innovazioni non solo sul versante della partecipazione dei cittadini (democrazia diretta o partecipativa), ma anche su quello (assai più sostanzioso, come gli stessi Benedikter e Michelotto riconoscono) della “democrazia rappresentativa”. Ma su questa, magari, potrà essere focalizzata la seconda edizione della Giornata della democrazia, quella del 2016. [Nel video: un’amara riflessione di Giorgio Gaber, sotto forma di canzone – Le elezioni (1976) – sulla democrazia rappresentativa. L’unica libertà al cittadino lasciata dal “sistema” sarebbe quella di rubare la matita dalla cabina elettorale!]
[4] Un’ultima considerazione è di tipo terminologico o, più precisamente, concettuale. Gli autori parlano spesso di “democrazia diretta”, “democrazia partecipativa”, “democrazia deliberativa” e con tali espressioni fanno riferimento a nuove pratiche di democrazia locale diverse dalla “democrazia rappresentativa” vigente (vedi). In realtà sarebbe opportuna una terminologia più rigorosa, visto che altrimenti si corre il rischio di perdere di vista questioni di fondamentale importanza. In particolare sarebbe opportuno distinguere, da un lato, chi prende in ultima istanza la decisione (i rappresentanti nel caso della democrazia rappresentativa; i cittadini nel caso della democrazia diretta). Dall’altro lato, però, è ugualmente importante distinguere circa il metodo con cui si giunge alla decisione e qui l’uso del termine “deliberativo” fa appunto riferimento al dibattito argomentativo che caratterizza la formazione degli orientamenti che poi si esprimono al momento del voto. Purtroppo nella lingua italiana “deliberazione” vale come sinonimo di “decisione” e dunque si perde il riferimento (più facilmente coglibile nel termine inglese “deliberation”) alla fase e procedura “dibattimentale” in cui le parti giustificano e/o formano i propri orientamenti decisionali. Insomma, una democrazia “deliberativa” può essere tanto democrazia “diretta” quanto democrazia “rappresentativa”. Ciò che il termine “deliberativo” richiama è semmai l’insistenza su procedure e modalità che enfatizzano il pubblico confronto tra argomenti come snodo centrale del prendere decisioni.
Tant’è che in quest’ottica uno studioso come Bernard Manin ha addirittura proposto l’istituzionalizzazione della figura dell’avvocato del diavolo (prendendola a prestito dalle procedure di canonizzazione in vigore nella Chiesa), al fine di garantire che sia sempre svolta la funzione del contraddittorio nei processi di decisione politico-amministrativa. Certo, a chi conosce le prassi decisionali delle reali istituzioni democratiche non sfugge quanto sia provocatoria una tale proposta. In ogni caso essa vale come richiamo al fatto che non è solo il momento del voto (ovvero della formalizzazione della decisione) ad essere importante, ma anche (e soprattutto) il momento che lo precede e che deve puntare a garantire il massimo della razionalità possibile negli orientamenti decisionali (e per fare questo non possiamo far altro che affidarci al dibattito argomentativo ed al fatto che esso avvenga pubblicamente). Una “buona” democrazia, indipendentemente dal fatto di essere “rappresentativa” o “diretta”, dovrebbe dunque essere innanzitutto “deliberativa”. Certo, sappiamo che nessuna procedura può garantire “buone” decisioni (neppure la democrazia diretta lo può garantire). Ma l’intelligenza delle istituzioni sta nel “costringere” i partecipanti a procedure che minimizzano il rischio di inganno e manipolazione (e la vera patologia delle odierne democrazie sta nell’infiltrazione di interessi, spesso economici, non dichiarati) e che dunque accrescono le chances di decisioni a vantaggio dell’intera collettività.
chiara ha scritto
1Grazie a tutti per la bellissima giornata e la cordiale accoglienza di sindaco, assessore, staff e cittadini a noi osservatori esterni.
Un’esperienza da riproporre ovunque!!
E Grazie a Paolo e Thomas, naturalmente!
03/2/15 4:23 PM | Comment Link