di Paolo Michelotto
un ulteriore esempio di democrazia che funziona. In Finlandia, ma chissà che non diventi un esempio anche per l’Italia, anche a partire dagli enti locali. Non è ancora la democrazia diretta, ma un piccolo passo avanti, il fatto che l’agenda della discussione politica possa essere stabilita dai cittadini. In Italia, come noto, ciò non è possibile.
Un articolo apparso sul Corriere scritto da Federica Seneghini.
MILANO – Vietare l’allevamento di animali per la produzione di pellicce. Legalizzare l’eutanasia. Proibire il consumo di energy drink ai minori di 16 anni. Permettere ai ciclisti di circolare in entrambi i sensi di marcia anche sulle strade a senso unico. Sono solo alcune delle oltre 300 proposte pubblicate in appena pochi mesi sul sito «Avoin ministeriö» («Ministero aperto» – avoinministerio.fi), neonata piattaforma (attiva dall’inizio di ottobre) che, in Finlandia, permette a chiunque di pubblicare un’idea e, grazie all’aiuto di legali ed esperti (tutti volontari), di trasformarla in una proposta di legge vera e propria: servono almeno 50.000 firme di cittadini (da raccogliere entro sei mesi online o in modo tradizionale) per farla poi arrivare in Parlamento, che avrà l’obbligo di votarla.
Joonas Pekkanen, 34 anni, ideatore della piattaforma e fondatore della Ong omonima, usa un termine preciso per definire questo processo: «Open crowdsourced lawmaking». Tradotto: «La creazione di leggi in modalità open, utilizzando il crowdsourcing». Tutto all’insegna della democrazia diretta (elettronica) e della partecipazione. Era dicembre scorso quando il Parlamento di Helsinki ha approvato la «legge di iniziativa della cittadinanza». «La domanda che ci siamo subito fatti è stata: come far fruttare al meglio le potenzialità di questa novità?», spiega Pekkanen. La risposta passa attraverso due concetti chiave: l’utilizzo del crowdsourcing per la stesura e la realizzazione delle leggi e la possibilità di raccogliere online i voti necessari per portarle in Parlamento. Sono questi i punti di forza della piattaforma, lanciata appena due mesi dopo grazie al lavoro e all’energia di una ventina di esperti di tecnologie e programmazione (anche qui rigorosamente volontari). Il risultato? «I cittadini hanno iniziato da subito a pubblicare sul sito decine di idee di legge», continua Pekkanen, «poi a settembre l’”Autorità Nazionale per la Sicurezza nelle Comunicazioni” ci ha dato l’ok per raccogliere le firme online, grazie ad un sistema di identificazione univoco e sicuro, che passa attraverso le banche e gli operatori telefonici del Paese».
«Ministero Aperto» non è un caso isolato. Casi di leggi fatte con il concorso diretto del popolo ci sono stati anche in Brasile e nelle Filippine. In Islanda, il 21 ottobre, il Parlamento ha approvato la prima costituzione in crowdsourcing. In Italia le leggi di iniziativa popolare non sono certamente una novità – le prevede l’articolo 71 della Costituzione – ma «le istituzioni non le hanno mai considerate seriamente», spiega Cristian Vaccari, docente di Comunicazione politica dell’Università di Bologna e autore del libro «La Politica online», di recente pubblicato dal Mulino. «Lo ha dimostrato per esempio Beppe Grillo, che nel 2007 si presentò a Palazzo Madama per consegnare il plico di sottoscrizioni raccolte su tre disegni di legge, mai discussi in Parlamento».
A Helsinki per arrivare fin qui è bastato appena un anno di lavoro, durante il quale Ong e governo hanno collaborato gomito a gomito. Se da un lato non sorprende che tutto questo capiti in Finlandia, Paese che ha fatto di Internet un diritto per tutti i cittadini e dove il «digital divide» è praticamente assente (con oltre l’86% dei finlandesi che usa abitualmente il web, ben sopra la media europea del 69%), nascondersi dietro la scusa del gap tecnologico non serve. «In Italia sei cittadini su dieci dispongono ormai di un collegamento alla rete e diversi episodi più o meno recenti dimostrano che gli italiani sarebbero altrettanto propensi a processi di partecipazione online di questo tipo», riprende Vaccari. «Il vero problema sta invece nella chiusura e nell’atteggiamento di diffidenza di gran parte della classe dirigente e dei nostri canali istituzionali verso Internet, spesso per paura di perdere il controllo dei processi e di cederlo ai cittadini-utenti».
Il colore politico non c’entra. «Destra o sinistra non contano», taglia corto Pekkanen. «Il nostro obiettivo è stimolare la partecipazione attiva della società civile alla vita del Paese. Siamo convinti che il web offra in questo senso potenzialità enormi, anche se è importante che la discussione non avvenga solo online, ma si dovrebbe avere ogni tanto l’opportunità di incontrarsi anche di persona». Una posizione condivisa e appoggiata dal governo. «Stiamo sviluppando una piattaforma simile a “Avoin ministeriö” oltre ad altri progetti di democrazia diretta», conferma Teemu Ropponen, funzionario del ministero della Giustizia finlandese. Qualche esempio? «Una legge di iniziativa popolare su base comunale e il portale lausuntopalvelu.fi, attraverso il quale i cittadini possono commentare online i disegni di legge che vengono discussi in Parlamento». «La rete dovrebbe essere lo strumento che tutte le parti politiche dovrebbero impiegare per governare e per comunicare meglio con i cittadini», conclude Vaccari. «E vista la diffusa mancanza di fiducia nelle istituzioni, strumenti di questo tipo potrebbero essere il mezzo più adatto per recuperarne almeno un po’».
Federica Seneghini
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