di Paolo Michelotto
la domanda è legittima. Fino a dove possiamo spingerci nell’idea di modificare la Costituzione italiana con una legge di iniziativa popolare e quali strumenti di democrazia diretta introdurre? Fulvio Rebesani qualche giorno fa aveva mandato una articolata lettera in cui evidenziava tutti i limiti, secondo lui, facendo la proposta di cosa trattare senza stravolgere il senso della Costituzione.
Che si può leggere qui (e che riporto anche al termine di questo post).
Ecco oggi la risposta di Thomas Benedikter alle tesi di Fulvio Rebesani (Benedikter-commento a Rebesani):
Avendo letto le osservazioni assai interessanti di F. Rebesani, mi permetto di commentare quanto segue sotto. Vorrei premettere che ho pieno rispetto del valore della Costituzione – ci mancherebbe altro – ma come tutte le carte redatte da un determinato giro di persone in un determinato momento storico anche questo testo è suscettibile di modifiche maturate nel tempo con il cambiamento della società, dei cittadini, del modo di far politica, delle circostanze politiche generali. In più i padri – furono quasi tutti maschi – della Costituzione ebbero una visione troppo elitaria della politica e troppo limitativa dei diritti di partecipazione di cittadini. Due generazioni più tardi siamo chiamati a ri-equilibrare i poteri attribuiti ai rappresentanti politici da una parte, e ai cittadini sovrani dall’altra, per il bene della democrazia.
B: Impostazione generale
Nel caso di questa bozza di pdlip-dd non si tratta di una „proposta eterogenea e incoerente, per mettere dentro quanto più possibile di democrazia diretta“, ma di una revisione organica degli articoli 70-75 e 138 della Costituzione, per istituire più efficacemente la partecipazione popolare nella funzione legislativa all’interno dell’ordinamento dello Stato italiano.
La bozza pdlip-dd presente equivale all’80% ad un testo già presentato e discusso nella Commissione affari costituzionale del Senato, da parte del Sen. Peterlini e altri otto onorevoli del PD.
Del resto, tutta una serie di proposte già presentate durante il funzionamento della Bicamerale degli anni 1990 hanno avuto lo stesso approccio, cioè la riforma di tutto questo titolo della Costituzione (sono riportate nel libro „Democrazia diretta – Più potere ai cittadini“, SONDA 2008).
Se la Corte costituzionale accettasse, come quesito ammissibile a referendum, solo la modifica di un unico articolo della Costituzione, la nostra proposta non avrebbe senso, certo. Ma nel caso di pdlip non valgono le stesse regole applicate al referendum abrogativo, pur rispettando l’unità della materia. Occorre tener presente, infine, la duplice finalità di questa pdlip-dd: far pressione sul Parlamento affinché si occupi seriamente della „Proposta Peterlini“, già sul tavolo della Commissione competente da due anni, nonché quella di sensibilizzare i cittadini sulla necessità di introdurre un sistema organico e ampliato di partecipazione diretta.
C: aspetti singoli
Condivido l’obiezione che il diritto del Capo dello Stato di promulgare le leggi rimanga intatto. Nella proposta Peterlini questa norma è rimasta invariata (all’art. 75 però).
Infatti, il concetto fondamentale dell’iniziativa popolare è quello di conferire ad un “gruppo minimo di cittadini” (per es 1 milione) il diritto di proporre una nuova norma su cui il Parlamento deve esprimersi. Se non accettasse la proposta popolare, la proposta passa al vaglio popolare, eventualmente accompagnato dalla proposta alternativa della maggioranza del parlamento (cosiddetta “controproposta”).
Improprio dire „referendum legislativo“, perché a livello nazionale si tratta comunque del diritto dei cittadini di esprimersi su delle leggi, o con l’iniziativa popolare (i cittadini propongono) o con il referendum confermativo (i cittadini esprimono un veto su una legge approvata dal Parlamento, non ancora entrata in vigore).
Con tutta questa pdlip-dd non si punta a cambiare la struttura istituzionale, come afferma Rebesani, che mantiene le sue prerogative principali, ma si punta ad integrare le procedure legislative con facoltà attribuite ai cittadini ed applicare concretamente il dettato costituzionale (art. 70) che il popolo partecipa alla funzione legislativa.
Con il nuovo testo dell’art. 138, in piena coerenza con tutto il resto delle innovazioni proposte, effettivamente si tratta di attribuire all’insieme dei cittadini la facoltà di modificare la Costituzione. Fino oggi non solo le leggi costituzionali sono state votate solo dal Parlamento, ma anche la Costituzione stessa non fu mai formalmente approvata dall’insieme dei cittadini in un referendum confermativo, come è il caso in molto altri paesi. Si tratta di attribuire al popolo la sovranità costituzionale (che può però essere limitata a parti della carta costituzionale).
Quì non si tratta di introdurre una „concorrenza contestuale con il Parlamento“, ma di dotare i cittadini sovrani dell’ultima parola. Il parlamento sono i rappresentanti a tempo limitato delegati dai cittadini alla funzione legislativa e all’elezione del Governo. Ogni qualvolta i cittadini desiderano riappropriarsi di questo diritto, legittimando tale richiesta con un gran numero di altri cittadini, devono poterlo fare. Non parliamo di concorrenza, ma di revoca eccezionale di un mandato da parte del mandante, limitato ad un determinato argomento.
Non si tratta poi di una procedura farraginosa, ma ciò che Rebesani due righe prima, riferito al Parlamento, chiama „procedura particolarmente rigorosa“.
„Giudizio di Dio“, per carità: si tratta di un referendum popolare a cui ogni cittadino è invitato a partecipare. Nella democrazia per quanto riguarda il potere legittimante non c’è organo superiore all’insieme dei cittadini (definito popolo in altri passaggi).
Referendum confermativo non si tratta di mille cittadini, ma di un numero da definire con legge dello Stato, notevolmente maggiore.
In riguardo al nuovo testo dell’art. 74 del pdlip-dd è comunque discutibile se tale forma di referendum possa essere richiesto anche da soli 5 consigli regionali. Nel caso del referendum confermativo costituzionale questa facoltà è data solo se la modifica è approvata da meno dei due terzi del Parlamento. Quindi perché non dovrebbe essere possibile anche nel caso di leggi di rango minore, cioè leggi ordinarie dello Stato? Al limite anche quì occorrerebbe introdurre la distinzione fra norme volute da una maggioranza qualificata del Parlamento (2/3) e da leggi volute solo da una maggioranza semplice del Parlamento. Il discorso del ruolo delle Regioni è anche legato al futuro ruolo e ai poteri poteri del „Senato delle Regioni“, se mai dovesse essere istituito.
Certo, va lasciata l’impostazione originaria di attribuire al Capo dello Stato di promulgare le leggi (vedi sopra, punto 1).
Tutto sommato, non si tratta di una proposta eversiva (Rebesani), bensí di una proposta organica e coerente, estesa ad una questione riguardante la rappresentanza politica, cioè la revoca. Semmai è questa norma che esula dall’impianto della riforma dei diritti referendari, ma comunque si tratta di una proposta valida. Il fulcro della proposta è un’estensione dei diritti deliberativi (referendari) dei cittadini, un sistema che integra la politica rappresentativa e già funziona bene in altri Stati. Fra i supremi organi dello Stato, ricordo, figura anche il cittadino.
Introdurre solo il referendum propositivo (legislativo), cioè la classica iniziativa popolare, non invece il referendum propositivo costituzionale (nell’art. 138) sarebbe contraddittorio. Perché non dare al sovrano la facoltà di definire una regola fondamentale in prima persona? La legittimità derivante da una votazione popolare è decisamente maggiore a quella della maggioranza del Parlamento.
Togliere il quorum e innalzare come contropartita la soglia di firme al 2% oppure ad 1 milione mi sembra una proposta già largamente condivisa.
Thomas Benedikter
Risposta di Fulvio Rebesani, membro del Comitato Più Democrazia – Vicenza
PREMESSE
1) meglio fra noi tralasciare il linguaggio diplomatico di circostanza ed usare la forma diretta
2) non sono mai stato docente di diritto costituzionale anche se la materia mi interessa
3) scrivo una mia opinione senza pretesa di verità
A ) IL TESTO
Ho preso in esame solo la “Proposta di legge di iniziativa popolare”, colonna centrale
B) IMPOSTAZIONE GENERALE
La proposta appare eterogenea, si ha quasi l-impressione che qualcuno si sia “sfogato” nel metter dentro quanto più possibile di democrazia diretta, a prescindere dalle compatibilità con il testo su cui si interviene la Costituzione, da trattare con I guanti.
Credo che una proposta così male assortita possa essere ritenuta non ammissibile per eterogeneità’ ed incoerenza nel suo interno. La Corte Costituzionale ha più volte affermato, a proposito di referendum, che con una iniziativa unica non si possono modificare norme fra loro sostanzialmente diverse.
C) ABNORMITA’ DEGLI EFFETTI
1= La Democrazia Diretta è importante ma la struttura dello Stato Italiano lo è di più. Nella Costituzione è fondamentale il bilanciamento dei poteri per cui c’è un livello superiore che garantisca contro possibili arbitrii.
E’ inammissibile la cancellazione del potere di di promulgare –o meno- le leggi da parte del Capo dello Stato. E’ uno snodo essenziale degli equilibri istituzionali. Il Capo dello Stato nel promulgare le leggi garantisce che esse non violino la Costituzione come è possibile se il Parlamento ha una maggioranza che per superiorità numerica sull’opposizione, per coesione politica, per convenienze approva leggi anticostituzionali. Togliere questo potere dall’art. 73 per trasferirlo in un pastone di regole (art. 75 della proposta) è sminuirlo perché il suo posto è solo quello attuale. In diritto la struttura di una legge, e la Carta è tale, non è affatto casuale. Al suo interno vi sono premesse e consequenzialità, priorità che si riflettono sulle norme successive. Infatti l’interpretazione preferibile è quella logico-sistematica, non settoriale (un articolo preso a sé) o letterale soltanto.
2= Il potere di proposta è impropriamente definito tale ma si tratta di una versione parziale. Infatti sei il Parlamento non approva si arriva ad un confronto-scontro fra il Comitato promotore (2% di adesioni) ed il Parlamento (mediamente 75% dei votanti fra i vari partiti). Così come impostatala la proposta decisione popolare appare una sorta di contropotere delle Camere. Penso che Berlusconi la appoggerebbe perché altre volte ha tentato –invano- di ridimensionare i poteri costituzionali del Parlamento.
3= Il disegno costituzionale prevede che il potere decidente delle leggi sia solo del Parlamento.
Il popolo ha poteri di proposta e di referendum legislativo.
4= Se si vuole cambiare la struttura istituzionale dello Stato italiano si deve formulare la proposta in modo diverso.
5=L’art. 138 non prevede un potere di modifica costituzionale popolare ma solo di confermare –o meno- ciò che le Camere hanno già deciso con procedura particolarmente rigorosa. Cioè le leggi, ancora una volta, le vota il Parlamento.
Il tentativo di introdurre surrettiziamente un secondo centro decidente (una parte del popolo) parallelo ed in concorrenza contestuale con il Parlamento mi sembra di dubbia legittimità oltreché bisognoso di ben più approfondite valutazioni r ponderazioni, altra cosa sarebbe si vi foste limitati a proporre un referendum legislativo.
Eppoi il meccanismo appare farraginoso e pesante:
a] proposta di legge di iniziativa popolare sottoscritta dal 2% degli aventi diritto al voto
b] mancata approvazione da parte del Parlamento (ci sono due Camere) entro un anno (probabile)
c] ulteriore votazione popolare su richiesta di 50.000 elettori
d] la proposta viene approvata con il 50% +1 dei votanti
e] il Parlamento approva con modifiche. Si dà luogo ad una sorta di “giudizio di Dio” con le due proposte a fronte in una scheda che potrebbe essere un fascicoletto (!!!|) ed il giudizio rimesso ancora una volta alla maggioranza dei votanti.
6= 1000 cittadino od un consiglio regionale possono sospendere l’entrata in vigore di una legge e dar luogo ad un referendum confermativo Ma tale referendum può essere chiesto entro tre mesi da 1% dagli aventi diritto al voto o da cinque consigli regionali.
Proposta questa contraddittoria che comporterebbe il risultato di bloccare per due volte le leggi. Un disastro!
7= Perché inserire nell’articolo concernente il referendum il potere del Capo dello Stato di promulgare le leggi dopo averlo tolto dalla sua sede naturale: l’art. 73? Non si può così stravolgere l’impostazione costituzionale dei rapporti fra poteri.
CONCLUSIONI
Con schiettezza, la proposta mi sembra eversiva ed irragionevole perché cambia qualcosa dimenticando che il centro della scheggia di Carta presa in esame non è la democrazia diretta ma il funzionamento dei supremi organi statali ed i loro rapporti e reciproci equilibri.
Mi sembrerebbe invece ragionevole tralasciare il difficile e complesso travaglio del potere di legge direttamente esercitato dal popolo e limitarsi a:
revoca del mandato parlamentare
introduzione del legislativo con efficacia di legge
togliere il quorum
innalzare le firme necessarie per l’indizione da 500.000 a 1.000.000: il 2% del corpo elettorale, più o meno come ai tempi delle prime elezioni politiche a suffragio universale.
Giacomo Consalez ha scritto
1D’accordo con Rebesani sul legislativo e sull’abolizione del quorum.
Più in generale credo che sarebbe più efficace puntare esclusivamente su una modifica dell’art. 138 che introduca CON CHIAREZZA e non tra le righe la facoltà per i cittadini di proporre una modifica della costituzione, e l’obbligo per il parlamento di elaborare una controproposta e di sottoporre iniziativa popolare e controproposta al referendum legislativo.
La ragione per cui non sottoscrivo l’uso del termine propositivo è il fatto che in Svizzera l’esito del propositivo è comunque vincolante per il parlamento, essendo la Svizzera uno stato federale incardinato sulla sovranità dei Cittadini. In italia la dizione propositivo vanificherebbe totalmente l’efficacia del voto popolare, lasciando l’ultima parola agli eletti.
07/9/11 6:34 PM | Comment Link