di Paolo Michelotto
grazie alla segnalazione di Pino Strano, riporto l’articolo scritto da Michele Ainis su L’Espresso che parla tra le altre cose dell’idea di togliere il quorum dai referendum e della revoca.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-adesso-via-il-porcellum/2154071/8
E adesso via il Porcellum
di Michele Ainis
Dopo i referendum, è la prossima tappa del risveglio civile italiano: basta con i parlamentari nominati dall’alto, cambiamo la legge elettorale per una democrazia veramente rappresentativa
(20 giugno 2011)
Una lunga notte di vigilia, poi l’alba illuminata da 4 referendum. E’ un risveglio collettivo che ha spinto 27 milioni di italiani ad affollare i seggi elettorali, dopo 16 anni, dopo 24 consultazioni popolari senza quorum. E immediatamente è cominciato il conto dei ricavi e delle perdite nella Ragioneria generale dei partiti. Errore: i partiti hanno perso in blocco, quelli di destra ma anche quelli di sinistra. Solo l’Italia dei valori (che ha promosso i quesiti sul nucleare e sul legittimo impedimento) avrebbe il diritto di cantar vittoria, però Di Pietro ha avuto il buon senso di tacere Perché c’è un segno antipartitico in questo voto popolare, c’è una domanda di ricambio, la stessa che un paio di settimane prima aveva consegnato le città italiane a una pattuglia di outsider, fuori o contro le segreterie politiche.
Ma soprattutto c’è una nuova voglia di decidere, senza filtri, senza mediazioni, senza delegare alcuna scelta ai mandarini di partito. E’ un’energia politica, quella che circola nel corpaccione della società italiana da troppo tempo in sonno. Il referendum si è limitato a intercettarla. La domanda è: come farne uso? Giacché senza canali di comunicazione fra i cittadini e la Repubblica questa energia politica si convertirà in antipolitica, in un serbatoio di malumori e di rancori.
Nessun sistema democratico può procedere spedito quando è zoppo d’ambedue le gambe; e alla democrazia italiana serve con urgenza un ortopedico. E’ zoppa la democrazia rappresentativa, perché il Porcellum ha reciso ogni contatto fra eletti ed elettori, togliendo autorità e prestigio al Parlamento. E’ zoppa la democrazia diretta, perché i costituenti ne diffidavano, temevano derive populiste, avendo già sperimentato un populista al comando per vent’anni. E c’è viceversa uno strapotere dei partiti, benché la Costituzione (art. 49) li autorizzi a “concorrere” alla politica nazionale, senza monopoli da esercitare in solitudine.
Dunque è da lì che dovremmo cominciare, da una legge sui partiti quale esiste in Germania come in Spagna, e quale fu reclamata invano da Mortati in Assemblea costituente. Per garantirne la democrazia all’interno, per porre un argine alla ferrea regola della cooptazione. O magari per asciugarne il finanziamento pubblico, insieme al privilegio di cui godono i partiti già ospitati in Parlamento: niente firme d’elettori in calce alle candidature. I nuovi partiti devono raccoglierne viceversa fino a 4.500 per circoscrizione, ed è una bella montagna da scalare. C’è poi da potenziare gli istituti di democrazia diretta, ed è forse questa la cura istituzionale più impellente. Come? Abbattendo il quorum del referendum abrogativo: stavolta l’abbiamo scavalcato, ma le campane non suoneranno sempre a festa. Affiancandovi il referendum propositivo, già previsto dalla Costituzione di Weimar del 1919, per consentire agli elettori d’esprimersi su un testo normativo forgiato dai medesimi elettori. O aggiungendovi uno strumento che discende dall’ostracismo in uso nella democrazia ateniese come antidoto ai tiranni, e che alberga in Svizzera dal 1846, negli Stati Uniti dal 1903.
Questo strumento si chiama Recall, e consiste nella revoca degli eletti immeritevoli: se tradiscono il patto stipulato con i propri elettori, gli elettori stessi possono reciderne il mandato con un voto. Magari Scilipoti non sarà d’accordo, ma gli italiani accetterebbero il regalo di buon grado. Il guaio è che la lista dei nostri desideri sbatte contro il paradosso di Ernst Fraenkel: quando i riformatori coincidono con i riformati, ben difficilmente la riforma vedrà poi la luce.
E’ lo stesso ostacolo che si mette per traverso al cambiamento della legge elettorale, la più impopolare fra le leggi italiane. Ma questo referendum ci ha informato che l’ostacolo non è del tutto insormontabile. Potrà superarlo una nuova forza politica (o anche vecchia, perché no?), se metterà in agenda riforme di sistema. Potrà provvedervi un altro referendum, come quello annunciato da Stefano Passigli sul Porcellum. E forse sarà proprio la democrazia diretta a curare i mali della democrazia indiretta.
michele.ainis@uniroma3.it
Con il gruppo di Rovereto, su suggerimento di Paolo Fabris, avevamo invitato il prof. Michele Ainis nel 2008 a una serata sulla democrazia.
http://www.cittadinirovereto.it/discussione/index.php?topic=801.0
e poi alla fine del 2008 gli avevo mandato una copia del mio libro Democrazia dei Cittadini
http://www.paolomichelotto.it/blog/2008/12/10/michele-ainis-su-la-democrazia-dei-cittadini/
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