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  • 015 Democrazia Diretta cap 2 Cos’è la democrazia? – Quorum di partecipazione

    19 Luglio 2009

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    Postato in: Democrazia Diretta Verhulst

    direct-democracy-verhulst

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    di Paolo Michelotto

    traduzione di Emilio Piccoli

    Quorum di partecipazione
    Visto il principio di mandato è assurdo introdurre quorum di partecipazione al processo decisionale diretto. I cittadini che non prendono parte ad una votazione sono considerati come avessero dato un mandato a coloro che vi partecipano. Se si introducono quorum alla partecipazione si apre la porta ad azioni di boicottaggio da parte delle minoranze. Supponiamo per esempio che vi sia un quorum di partecipazione del 40% e che il 60% degli elettori voglia votare. All’interno del gruppo desideroso di votare, il 55% sostiene la proposta oggetto del voto e il 45% vi si oppone. Gli oppositori non possono vincere la consultazione se prenderanno parte al referendum. Ma se rimangono a casa però possono ‘vincere’, perché allora il quorum del 40% non verrà raggiunto e la proposta verrà respinta contro la volontà della maggioranza [v. 2-2].
    Abbiamo visto che il mandato parlamentare non è che una forma derivata del mandato ricevuto dagli elettori effettivi nel processo decisionale diretto-democratico. Un Parlamento contiene in media solo il 0,003% della popolazione eppure esso può ancora prendere decisioni. Quindi non ha senso introdurre all’improvviso quorum di partecipazione del 20% o 40% per il “Parlamento ad hoc” formatosi con il referendum. L’errore che viene fatto con i quorum di partecipazione è che le persone che rimangono a casa sono computate o come sostenitori o come oppositori (a seconda del referendum). In realtà essi hanno scelto di non esprimere le proprie opinioni. Questo deve essere rispettato.
    Infine possiamo anche notare che l’affluenza ad un referendum non deve essere confrontata con l’affluenza alle elezioni. Nelle elezioni le questioni di ogni tipo sono all’ordine del giorno o manifeste nei partiti: quelle correnti e anche tutti i nuovi argomenti che potrebbero presentarsi nei prossimi quattro o cinque anni. Un referendum ha una sola questione specifica all’ordine del giorno, quindi è logico che l’affluenza a questo sia inferiore a quella per le elezioni.
    Talvolta vengono addotti argomentazioni per un quorum basso, proprio per evitare possibili boicottaggi. Comunque questo punto di vista è illogico. Un quorum o è così basso che è destinato ad essere raggiunto: allora per essere sicuri il boicottaggio viene escluso ma al tempo stesso il quorum è inutile oppure il quorum è così alto che è improbabile che venga mai raggiunto: quindi è possibile il boicottaggio. Non c’è una terza possibilità.
    Si deve anche ricordare che il quorum partecipativo è essenzialmente impossibile per elezioni parlamentari o per elezioni dei Consigli comunali. Del resto se un tale quorum non venisse raggiunto il sistema legislativo e amministrativo si fermerebbe completamente. Non ci sono buone ragioni per non avere il quorum per questo tipo di elezioni e insistere per averne uno per i referendum. Se al gruppo che prende la decisione di indire un referendum è richiesto di essere ’sufficientemente rappresentativo’, poi lo stesso obbligo deve valere a maggior ragione (anche più rigorosamente) per le elezioni parlamentari. Supponiamo che un quorum di partecipazione del 25% venga stabilito per un referendum e, allo stesso tempo non venga fissato nessun quorum per le elezioni parlamentari. Un referendum a cui partecipa il 20% dell’elettorato verrà dichiarato non valido. Ma un Parlamento, che viene eletto solo dal 5% dell’elettorato può ancora prendere decisioni “legittime” – decisioni fondate sulla partecipazione indiretta del 5% dei cittadini – mentre il risultato del referendum annullato può vantare una partecipazione diretta dei cittadini del 20%. Ciò è illogico. Inoltre il mandato che viene dato al Parlamento è di portata molto più ampia rispetto al mandato conferito agli elettori da parte di coloro che rimangono a casa durante un referendum. Dopo tutto non si può dire nulla con certezza su quali decisioni di grande portata verranno prese da tutti i membri del parlamento. Nel corso di una seduta parlamentare nuovi argomenti e disegni di legge, che non potevano essere previsti, vengono costantemente messi all’ordine del giorno.
    Infine alcuni sostenitori del quorum di partecipazione si riferiscono al cosiddetto rischio di ‘compartimentazione’. Con ciò si intende che i cittadini voterebbero solo per le questioni per le quali è interessato il proprio gruppo. Ad esempio in un referendum su di un progetto per trattare il letame voterebbe solo quella piccola parte della popolazione che sono allevatori di bestiame.
    Questa obiezione si basa sulla falsa premessa che le persone votino solo per difendere i propri interessi di gruppo. La realtà è diversa (si veda il capitolo 6, punto b). Nei paesi o Stati senza quorum di partecipazione, come la Svizzera e la California, non c’è alcuna evidenza di ‘compartimentazione’. I progressi nella pratica delle votazioni democratiche dirette rende qualsiasi ‘effetto di compartimentazione’ improbabile a priori. Ad esempio in qualsiasi referendum-day in Svizzera vi sono quasi sempre diverse questioni referendarie da votare simultaneamente. Questi referendum sono tenuti sulle più diverse discipline e non riguardano solo il livello federale e cantonale ma anche il livello municipale. Pertanto la gente non è di norma chiamata alle urne per l’interesse su di un’unica questione specialistica.
    Al contrario è il sistema parlamentare ad essere altamente esposto alla tentazione della compartimentazione. Interessanti esempi di ciò sono appunto il sistema di trattamento del letame od il divieto della pubblicità a favore del tabacco in Belgio. Gruppi d’interesse economico, tramite i loro contatti con un ristretto gruppo di membri “specializzati” del Parlamento, possono esercitare una pressione inaudita sul processo decisionale. Il processo decisionale diretto-democratico renderebbe molto più difficile, per tali gruppi d’interessi, giocare vincendo a man bassa.

    Il quorum nel Parlamento
    Talvolta il quorum di partecipazione ai referendum viene difeso mettendolo a paragone con quello vigente in molti Parlamenti. Le votazioni in seno al Parlamento sono spesso valide solo a condizione che almeno il 50% dei membri del Parlamento esprimano il loro voto. Per analogia una votazione popolare potrebbe essere valida solo a condizione che almeno il 50% delle persone esprimano il loro voto.
    Tuttavia l’analogia è falsa. Abbiamo visto che il Parlamento è logicamente equivalente a quelli che votano in un referendum e non con al numero totale di persone aventi diritto al voto. Un membro del Parlamento ha un contratto in corso con i cittadini: lui o lei ha intavolato questo contratto per un determinato periodo di tempo per portare avanti il processo decisionale sociale nella misura in cui i cittadini stessi non vogliono decidere. Pertanto il Membro del Parlamento (MP) deve essere in teoria sempre presente alle votazioni in Parlamento. Se lui o lei si allontana intenzionalmente, ciò costituisce una rottura del contratto con gli elettori. Il quorum del 50% in Parlamento è un debole riflesso di tale obbligo. Non è un buon accordo, perché opera a favore della polarizzazione tra maggioranza e minoranza in Parlamento. A sua volta questa polarizzazione è in contrasto con il contratto che intercorre tra i membri di minoranza del Parlamento e i loro elettori. Se questi membri del Parlamento fanno parte della minoranza, si può legittimamente sostenere che la loro presenza in parlamento è inutile: non possono mai influire sulle decisioni. Pertanto questi membri del Parlamento non sono in grado di onorare i propri contratti con gli elettori, il che non è colpa loro ma un effetto del loro isolamento da parte dei loro colleghi della maggioranza. Sarebbe meglio sostituire il quorum del 50% in Parlamento con una regola in cui l’assenza di un membro del parlamento venisse sanzionata con la rimozione e la sostituzione con un candidato non eletto di un altro partito.

    Questa è la pubblicazione a puntate della traduzione in Italiano del libro Democrazia Diretta di Verhulst Nijeboer. Puoi aiutare il Emilio effettuando le eventuali correzioni e inviandole a piccoliemilio@gmail.com

    La versione in inglese che sta traducendo si trova qui:

    http://www.paolomichelotto.it/blog/2008/11/04/democrazia-diretta-un-testo-fondamentale/

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