di Paolo Michelotto
riporto l’invito alla Assemblea Generale Nazionale dei Democratici Diretti: 24(prologo) 25-26 aprile 2009
per maggiori informazioni:
http://www.democraticidiretti.org/mediawiki/doku.php
Da dove veniamo? Dove andiamo? Che ora è? Hai messo la maglietta di lana?… Mille domande affollano la mente di molti democratici diretti italiani in questo momento storico.
Il movimento democratico diretto complessivo in questi due anni è oggettivamente cresciuto. Si sta, lentamente ma inesorabilmente, diffondendo il concetto della democrazia diretta come unica metodica capace di ridare senso all’espressione “sovranità del popolo”, sempre più resa vuota dal sistema rappresentativo, i cui limiti sono chiaramente evidenziati dalla interpretazione berlusconiana di questo sistema.
Però intanto la democrazia si riduce sempre di più. Le “opposizioni” (di centro, di centro-sinistra, di sinistra-centro e di sinistra-sinistra e direi anche di destra-destra), annaspano senza bussola, perchè in realtà non sono capaci di (o non hanno il disinteresse sufficiente a) comprendere che il cuore del problema sta nella perdita di quel senso. E di fatto si rendono complici del processo di desautorazione dei cittadini dal controllo del governo della cosa pubblica.
Gli esempi sono innumerevoli e continui. Dall’opposizione quelle forze talvolta balbettano, ma quando al governo non fanno nulla di diverso. Gli esempi più clamorosi sono: Il conflitto di interessi perennemente irrisolto. Il mantenimento della cancellazione del diritto di scelta dei candidati. Il permanere, anzi l’ampliamento delle soglie di sbarramento che impediscono a nuove idee e forze di esistere e svilupparsi. La creazione di partiti di serie A (già presenti in parlamento) che non devono raccogliere il consenso dei cittadini con le firme per presentarsi alle elezioni e partiti di serie B che invece devono. Progettano di innalzare il numero di firme per la presentazione di referendum. E, negli enti locali, ovunque governano, invece di stimolare la partecipazione dei cittadini, ne hanno paura.
Tutto ciò non è solo un problema per la democrazia. Che già sarebbe più che abbastanza. Ma è un problema gravissimo anche per l’economia.
Ridurre la capacità di incidere dei cittadini sul governo della cosa pubblica non solo ha ridotto i margini di libertà politica e culturale, di giustizia di equità. Ma ha approfondito la già pre-esistenete crisi del sistema italia nel contesto della crisi globale. Lo sta rendendo definitivamente incapace di quei cambiamenti, più che mai necessari, di fronte alle sfide della globalizzazione.
Infatti, inevitabilmente, insieme alla libertà culturale si riduce la capacità di innovazione.
Insieme alla equità sociale retributiva e contributiva si è inevitabilmente ridotto il mercato.
Insieme alla giustizia, con le regole incerte che valgono per pochi e a difesa di pochi, si è ridotta la concorrenza.
Insieme alla libertà politica con la creazione della casta e la corruzione che ad essa è collegata si è ridotta la libertà imprenditoriale.
Si può essere a favore o contro il libero mercato, ma la politica berlusconiana è contro il mercato. Il mercato, per essere libero e sano, ha bisogno di regole. Ma regole certe ed eque, che possono essere realmente tali solo quando sono espressione veritiera della volontà del popolo.
Si sta rendendo inerte il patrimonio di fantasia e creatività fondamentale per ogni paese, e particolarmente per un paese come l’Italia.
Occore quindi un recupero di sovranità che rimetta nelle mani del popolo anche il controllo dell’economia, quindi, anche la proprietà della moneta. Strumento fondamentale per lo sviluppo di una comunità. L’attuale sistema, che lascia ai privati il controllo della emissione di moneta (signoraggio) non libera affatto il mercato, non stimola il libero sviluppo. Al contrario lo rende schiavo di pochi che, grazie alla crisi, rastrellano e concentrano ancor più potere economico.
Di fronte a queste enormi sfide, le nostre forze però crescono pochissimo. E il movimento nel suo complesso cresce, sì, ma troppo lentamente. La coscienza che i cittadini devono riprendere il controllo delle proprie vite, delle proprie comunità, stenta a trovare la giusta strada della democrazia diretta e ancora vediamo riproporre come “alternativi” movimenti che sono solo la riproposizione del vecchio con facce nuove. Su questo dobbiamo interrogarci.
L’occasione “canonica”, prevista dal nostro statuto, è in realtà per noi solo una motivazione in più per incontrarci e invitare tutti coloro i quali fanno riferimento alle idee della democrazia diretta a confrontarsi con noi.
Noi vogliamo proporre a tutti i democratici di riflettere e confrontarsi sullo stato del movimento dd in Italia. Vogliamo provare a trovare risposte a domande come:
- su quali iniziative dobbiamo puntare per diffondere e affermare la democrazia diretta?
- è possibile pensare a una federazione (fusione forte) dei gruppi che si riferiscono alla democrazia diretta e che si battono affinchè il popolo recuperi la propria sovranità? a quali condizioni?
- alternativamente può il movimento trovare almeno forme di coordinamento stabile (fusione debole) attorno anche a pochi obbiettivi comuni?
- esistono metodi e forme migliori della Lista Partecipata per partecipare alle elezioni e tentare di strappare fette di potere alla casta aprendo ai cittadini una via di partecipazione e controllo reale?
Insieme a queste domande poi, noi, membri dei DD, dobbiamo fare un bilancio di ciò che abbiamo fatto, e una riflessione sulla nostra forma organizzativa. Su ciò che ha funzionato e su ciò che non ha funzionato, e, anche alla luce dell’auspicabile confronto con i non membri, valutare come e anche se proseguire con l’esperienza e l’organizazzione dei DD.
Le regole di conduzione dell’Assemblea garantiscono uguale facoltà di partecipazione sia per chi è iscritto ai DD, sia per chi non lo è. Solo per quanto riguarda la votazione degli “incarichi” della Organizzazione DD, queste saranno riservate ai soli iscritti DD. Queste saranno “confinate” ai margini della Assemblea, insieme a tutti gli argomenti specifici dell’Organizzazione su cui comunque tutti (anche i non iscritti) avranno uguale diritto di parola e di proposta.
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