di Paolo Michelotto
quando sono i cittadini a chiedere l’introduzione degli strumenti referendari come in Svizzera nei primi anni del 1800 e in California e stati west USA nei primi anni del 1900, il quorum non viene mai introdotto. Viceversa quando gli strumenti referendari sono introdotti dagli amministratori eletti, essi si premurano sempre di inserire il quorum come tutela al loro potere. Come in Italia, Polonia, Ungheria…
L’ultimo esempio si è avuto in Baviera nel 1995, i cittadini riuscirono con un referendum a togliere il quorum a livello locale. Per 3 anni poterono svolgere referendum senza quorum. Nel 1998, la Corte Costituzionale Bavarese, di nomina politica (si stima che l’80% dei giudici fosse simpatizzante o legato al partito che in Baviera ha la maggioranza assoluta nel parlamento), reintrodusse in il quorum, anche se in misura molto ridotta, dal 15% al 25% a seconda delle dimensioni delle città.
di Paolo Fabris e Paolo Michelotto
ci è stato richiesto uno schema su un possibile percorso per portare la democrazia diretta nella propria città. Ecco in base alla nostra esperienza a Rovereto, ciò che possiamo proporre.
In Italia le modalità di controllo dell’amministrazione pubblica sono due: la responsabilità etica individuale e la Magistratura. La prima dipende dall’onestà dell’individuo e dalla storia collettiva, la seconda intreviene a danno ormai avvenuto.
Manca, nel nostro paese, un terzo tipo di controllo: quello effettuato con i metodi di democrazia diretta dai cittadini.
Storicamente, in Europa, si sono consolidati due strumenti: i referendum, che hanno azione di freno nei confronti delle scelte effettuate dagli amministratori ma non condivise dai cittadini, e le iniziative, le quali hanno invece funzione di acceleratore per idee e proposte espresse dalla cittadinanza che non sono però condivise dagli amministratori (vi sono poi molte altre forme di democrazia diretta e partecipativa come ad es. il Bilancio Partecipativo, i Town Meeting, ecc.).
Questi due strumenti, fondamentali per il buon funzionamento della democrazia, sono efficaci solo dove il non prevedono il quorum come in Svizzera, in ventisei stati degli USA, e con quorum del 10% in Baviera.
Le motivazioni per l’abolizione del quorum sono poste a fine documento.
PERCORSO DEMOCRAZIA DIRETTA
1. creazione di un gruppo, anche piccolo ma ben motivato e determinato, che funga da polo attrattivo. L’azione del gruppo ha più successo se è aperto, a fisarmonica, ossia se sa gestirsi in base alla disponibilità delle persone che partecipano (ci sono momenti che il gruppo è formato da tre elementi e momenti in cui si è in venti). (continua…)
di Paolo Michelotto
alcuni dicono che il quorum essendo previsto a livello nazionale nei referendum abrogativi nella Costituzione, obbliga anche i comuni, le provincie e le regioni ad introdurre quorum nei referendum locali.
Niente di più falso anche alla luce di una sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che non c’è relazione tra quorum nazionale e quelli locali.
A livello locale il quorum è deciso dai rappresentanti locali per pura scelta politica. Se volessero potrebbero abbassarlo o toglierlo. Tanto è vero che Ferrara e Bressanone (BZ) e la Provincia Bolzano hanno il quorum al 40%, e la Regione Toscana ha il quorum fissato al 50% dell’affluenza elettorale delle ultime elezioni regionali (attualmente circa il 35%).
11. Con sentenza del 2-12-2004 n.372 la Corte di Cassazione ha stabilito che l’art.75 della Costituzione che prevede il quorum a livello nazionale, non comporta l’obbligo del quorum per i referendum previsti negli statuti degli enti locali.
di Paolo Michelotto
l’esito del voto del Referendum con cui si chiedeva ai cittadini svizzeri se erano a favore oppure no a mantenere in vigore gli accordi per la libera circolazione dei cittadini europei, è stato forte: circa il 60% ha detto SI.
A noi italiani rischia sfuggire la grandezza di questo fatto: il governo Svizzero aveva firmato gli accordi per la libera circolazione dei cittadini europei. E poi i cittadini svizzeri hanno potuto esprimersi su questo argomento. E così su tutto. Non è la democrazia perfetta, ma una democrazia che i cittadini apprezzano ed hanno fortemente voluto nella loro storia. L’ultima parola spetta sempre ai cittadini, i partiti sono solo degli attori importanti, ma non decisivi.
Riporto un articolo della swissinfo.ch che spiega molto bene i fatti.
9 febbraio 2009
“Il popolo svizzero rimane coi piedi per terra”
La stampa elvetica accoglie con un sospiro di sollievo il sì alla libera circolazione delle persone con l’UE. Contrariamente a quanto alcuni temevano, in questo periodo di crisi economica gli svizzeri non hanno avuto un riflesso di chiusura e di protezionismo.
“Si temeva il peggio, invece tutto è andato per il meglio”: il commento del Journal de Jura è condiviso da buona parte della stampa svizzera all’indomani del sì della popolazione elvetica al rinnovo dell’accordo di libera circolazione con l’Unione Europea e alla sua estensione a Bulgaria e Romania.
Il verdetto delle urne (quasi il 60% di sì) è stato molto più netto rispetto a quanto era emerso nei sondaggi. Secondo la Neue Zürcher Zeitung, questo risultato è da interpretare come “un no agli esperimenti”. (continua…)
di Paolo Michelotto
su segnalazione di Diego Galli, riporto l’iniziativa che i Radicali stanno portando avanti in più parti d’Italia che si chiama “Istituzione dell’anagrafe degli eletti”. La trovo molto interessante, anche se oggi non prioritaria.
Ecco cos’è nelle parole di chi la propone: “uno strumento della democrazia diretta che pone il candidato e l’eletto sotto la lente dell’elettore, in modo che questi possa conoscerlo, seguirlo nella sua attività politica, monitorare le sue scelte e anche i suoi interessi. Tutte informazioni indispensabili a garantire al cittadino un voto consapevole.
L’iniziativa dell’anagrafe degli eletti passa per l’informatizzazione dei canali di comunicazione istituzionali, una tappa obbligata per aprire finalmente la strada alla nuova frontiera della e-democracy.
La nostra proposta si basa innanzitutto sul principio della trasparenza; motivo per cui chiediamo che di ciascuna istituzione vengano messi in rete: link al sito istituzionale; bilancio interno con allegati; composizione dell’istituzione; presenze e comportamento di voto degli eletti; atti presentati in tutte le articolazioni dell’istituzione, iter e conclusione; atti adottati dalle singole articolazioni dell’istituzione.
Di ciascun eletto, invece, chiediamo che vengano pubblicati: dati anagrafici; codice fiscale, dato identificativo al fine di disporre – appunto – di un’anagrafe degli eletti e, di ciascuno, gli incarichi elettivi ricoperti nel tempo; dichiarazione dei redditi e degli interessi finanziari relativi all’anno precedente l’elezione, degli anni in cui ricopre l’incarico e di quelli successivi; dichiarazione da parte dell’eletto dei finanziamenti ricevuti, dei doni, dei benefici o di altro assimilabile; registro delle spese degli eletti, comprensive di quelle per lo staff, spese telefoniche e dotazione informatica; atti presentati con iter fino alla conclusione; quadro delle presenze ai lavori e i voti espressi sugli atti adottati dall’istituzione cui appartiene. Questo ultimo punto è per noi fondamentale, prioritario, perché consente al cittadino di controllare a mano a mano che l’eletto esplica il suo mandato le specifiche iniziative e anche quanto queste corrispondano al programma elettorale. (continua…)
di Paolo Michelotto
riporto un articolo apparso oggi su L’Adige e scritto da Sergio Fabbrini (tra i maggiori studiosi europei della politica americana, è professore di scienza politica e direttore della Scuola di studi internazionali all’Università di Trento, direttore della “Rivista italiana di scienza politica” e visiting Professor alla University of California di Berkeley).
Politica e costi
Meno casta più democrazia – SERGIO FABBRINI
Bene ha fatto Pierangelo Giovanetti a sollevare il problema dei costi della politica democratica. Ancora meglio hanno fatto i consiglieri provinciali del Partito democratico ad accettare la sua proposta di trasferire l’incremento «automatico» della loro indennità in un fondo di solidarietà. Tuttavia, ciò non basta. Occorre fare molto di più. Contrariamente a ciò che pensano alcuni, sono coloro che amano la democrazia, e non i demagoghi, che rivendicano la necessità di istituire una politica sobria ed essenziale. Costoro sanno che la politica serve. E, per questa ragione, vogliono riformarla per salvarla dal disprezzo populista. Abbiamo bisogno della politica. Ma, ancora di più, abbiamo bisogno di una buona politica. L’autonomia istituzionale dovrebbe servire a questo: perseguire la buona politica, a prescindere da ciò che fanno o ci farebbero fare gli altriP er questo motivo, non basta rinunciare ad un incremento, ma occorre avere il coraggio di riformare l’intero sistema dei costi della politica. Spiego perché. In Italia, molto più che in altri Paesi, la politica ha dato vita ad una vera e propria «casta», insediata nella molteplicità di posizioni pubbliche da cui si prendono decisioni rilevanti collettivamente, finanziata dalla spesa pubblica, generosissima nel sostenere economicamente le proprie attività. Se si considerano i paesi con popolazione comparabile all’Italia, le dimensioni ipertrofiche di tale «industria italiana della politica» appiano subito evidenti. Basti pensare che i rimborsi elettorali in Italia (200 milioni di euro, per una popolazione di 58 milioni di abitanti) sono quasi il doppio di quelli che ricevono i partiti in Germania (133 milioni di euro, per una popolazione di 82 milioni di abitanti), sono quasi tre volte superiori a quelli che ricevono i partiti in Francia (73,4 milioni di euro, per una popolazione di 64 milioni di abitanti), sono più di tre volte più alti di quelli che ricevono i partiti in Spagna (60,7 milioni di euro, per una popolazione di 45 milioni di abitanti), sono incomparabilmente più alti di quelli che ricevono i partiti in Gran Bretagna (9,3 milioni di euro, per una popolazione di 60 milioni di abitanti). Se poi si considerano gli Stati Uniti con i loro 302 milioni di abitanti, si vede che i partiti di quel paese ricevono molto meno (149,6 milioni) di ciò che ricevono i nostri partiti. (continua…)
di Paolo Michelotto
Mercoledì 4 febbraio 2009 il Comitato dei Garanti del comune di Rovereto si è riunito ed ha stabilito che le firme raccolte per i referendum sono valide. Questo importante passaggio è stato superato. Ora il passo successivo è nelle mani del Sindaco Valduga, che in base al Regolamento dei Referendum ha 30 giorni di tempo per fissare la data delle votazioni.
Noi chiediamo con forza che tale data coincida con le elezioni europee organizzate per il 6-7 Giugno.
Questo per due motivi:
1. Risparmio economico per l’ente comunale e per noi contribuenti (i referenda da soli comporterebbero 30-50.000 euro secondo l’ufficio elettorare comunale, abbinati alle elezioni europee, la spesa si ridurrebbe alla sola spesa della stampa delle schede)
2. aumenterebbe la partecipazione dei cittadini, con minori rischi di invalidazioni dei referendum, rischi che comportano una spesa inefficace e un conseguente calo di fiducia negli strumenti di partecipazione democratica
Per effettuare i referendum nello stesso giorno delle elezioni europee, è sufficiente modificare il Regolamento per l’esercizio dei diritti di Informazione e di Partecipazione
Nell’articolo 28 comma 2 oggi dice:
Art. 28 – Referendum ammessi – Data di effettuazione
…
2. Le consultazioni referendarie vengono effettuate annualmente, riunite in un’unica giornata di domenica non in coincidenza con altre operazioni di voto.
Basta cambiarlo così:
Art. 28 – Referendum ammessi – Data di effettuazione
…
2. Le consultazioni referendarie vengono effettuate annualmente, riunite in un’unica giornata di domenica non in coincidenza con altre operazioni di voto comunali o provinciali.
Per aggiungere queste due parole “Comunali o Provinciali” basta la maggioranza semplice dei consiglieri comunali. Maggioranza che questa giunta ha e a cui probabilmente si associerebbero molti consiglieri dell’opposizione. Quindi risparmiare 30-50.000 euro e favorire la partecipazione è una scelta esclusivamente politica e dipende solo dalla volontà degli amministratori attuali.
Questi i quattro quesiti referendari:
http://www.cittadinirovereto.it/diario/i-quattro-quesiti-referendari/
di Paolo Michelotto
se valesse anche per le elezioni il quorum, nel 1996 Bill Clinton e George W. Bush (nel 2000) non sarebbero stati eletti Presidenti USA.
8. Nel voto elettorale comunale, provinciale, regionale, nazionale, europeo, non è previsto il quorum. Solo chi vota decide. In nessun stato le elezioni di rappresentanti hanno il quorum.
E spesso si va sotto al 50% dell’affluenza eppure nessuno invalida le elezioni e invalida l’elezione di Bill Clinton all’elezione presidenziale del 1996 in cui votarono il 47,20% degli aventi diritto. Alcuni esempi:
elezioni provinciali 15-16 giugno 2008 Palermo 41,17%
elezioni provinciali 15-16 giugno 2008 Caltanissetta 49,79%
elezioni parlamentari americane del 2002 46%
elezioni presidenziali americane del 1996 (eletto Bill Clinton) 47,20%
elezioni presidenziali americane del 2000 (eletto G.W.Bush) 49,30%
elezioni legislative Messico 2003 affluenza 41,68%
elezioni parlamentari Svizzera 2003 affluenza 45,44%
in molte città americane i sindaci vengono eletti con percentuali a 1 sola cifra:
5 % a Dallas, 6% Charlotte e 7 % a Austin
Fonti:
http://www.idea.int/vt/country_view.cfm?CountryCode=US
http://www.fairvote.org/?page=262
http://en.wikipedia.org/wiki/Voter_turnout
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